Napoli e la Campania. A che punto è la questione abitativa?

Napoli -

L'Onu calcola che entro il 2025 la popolazione mondiale residente nelle città aumenterà di 65 milioni di abitanti e che, entro il 2030, il 96% della popolazione delle città europee con oltre 300.000 abitanti crescerà demograficamente. La questione urbana, assieme a quella della casa, saranno sempre più elementi centrali del dibattito politico. Nel nostro paese l'assenza, nelle agende politiche dei vari governi di centro destra e centro sinistra che si sono susseguiti in questi decenni, del tema sul diritto alla casa e delle politiche di rigenerazione urbana, ha creato un vero e proprio vuoto normativo che ha avuto come conseguenze l'esplodere sui territori dell'emergenza abitativa. Fin dalla fine degli anni 90, con il boom dell'edilizia residenziale privata e con la definitiva abolizione dei cosiddetti fondi Gescal per l'edilizia pubblica, le azioni di rinnovo, riqualificazione e creazione di nuovo patrimonio pubblico abitativo si sono drasticamente ridotte, per non parlare della scomparsa dei soldi dell'ex-Gescal.

Questa situazione – assieme all’accentuarsi dei fattori di crisi e al peggioramento delle condizioni di vita di migliaia di persone - ne ha aggravato ancora di più i termini. L'Istat ci dice che sono più di 3 milioni di persone in emergenza abitativa. Questo dato, a fronte di oltre 7 milioni di case vuote, rende l'emergenza nel nostro paese un vero e proprio paradosso. Basti pensare che, guardando soltanto ai prossimi mesi. sono circa 160mila le famiglie che attendono l’esecuzione dello sfratto e che le liste d’attesa per un alloggio popolare sono infinite, anche di molti anni, con il corollario di abusi e di illeciti che una situazione del genere finisce per innescare. Quindi, oltre alla carenza di alloggi disponibili, incidono le incapacità gestionali e le difficoltà finanziarie degli enti che si interessano della questione/casa.

 

In Campania, una delle regioni con un più alto tasso di disoccupazione, secondo i dati del Ministero degli Interni, nel solo anno 2016 alla domanda di 8.596 sfratti per morosità (in netta maggioranza), necessità del locatore e finita locazione ne sono stati eseguiti 2.504. Segno indiscutibile che nella nostra regione sono in molti in una condizione di difficoltà a pagare gli affitti, i mutui ed i servizi legati all'abitazione. Nella sola città di Napoli 3.604 provvedimenti di sfratto emessi e 1,753 eseguiti. Se in Italia abbiamo 1 sfratto ogni 419 famiglie, in Campania si conta 1 sfratto ogni 378 famiglie, mentre a Napoli 1 sfratto ogni 306 famiglie2.

 

Sempre a Napoli, il patrimonio edilizio in condizioni mediocri o pessime, secondo gli studi di Casa Italia, il sedicente piano antisismico nazionale che ha l’obiettivo di mettere in sicurezza l’intero Paese, assieme ai dati dell'ISTAT, rappresenterebbe il 40% degli immobili totali. Di questi la maggior parte si trova nelle zone periferiche della città, dove si addensa più del 60% della popolazione totale napoletana. A questa si deve aggiungere un fenomeno in netta crescita negli ultimi anni: le nuove periferie di tipo metropolitano che superano i confini amministrativi dei vari comuni. Si tratta di vere e proprie espansioni urbane della città, fuori dai confini amministrativi della città principale, che congiunti ai tagli delle risorse pubbliche a disposizione delle autonomie locali, rendono queste aree soggette, sempre di più, al degrado economico e sociale. Nella classifica delle metropoli più popolate da cittadini ultra-periferici, tra le 15 più importanti aree metropolitane europee, Napoli si pone al quinto posto con il 68,1% dei residenti nelle aree iper periferiche.

 

In questi anni, per rispondere a questa emergenza, molte persone, anche grazie ai movimenti per il diritto all'abitare4, per avere un tetto sulla testa, hanno occupato palazzi pubblici e/o privati abbandonati. Tuttavia sono tante le persone che sono costrette a vivere in alloggi di fortuna come i vagoni ferroviari, appartamenti abbandonati o in un grave stato di fatiscenza.

Se il governo nazionale nel 2016 ha destinato risorse pari a zero all'edilizia popolare, cosi come nell'attuale legge di Stabilità, anche sul piano locale la situazione sembra essere bloccata.

 

La Regione Campania, del Governatore De Luca, ha potestà esclusiva in tema di Edilizia Residenziale Pubblica. Nella finanziaria dello scorso anno (dicembre 2016) ha abrogato le leggi regionali 18/97(disciplina per l'assegnazione di immobili ERP) e 19/97 (disciplina dei canoni di locazione degli alloggi ERP), volendo soppiantare le due citate leggi con un Regolamento. A tutt'oggi la Regione non ha ancora colmato il vuoto normativo, con la conseguenza di essere senza più leggi di riferimento in materia di ERP, un vero e proprio stato di lacuna legislativa dai tratti incostituzionale.

Questa assenza di “regole” offre il pretesto ai Comuni della Campania, innanzitutto al capoluogo provinciale (Napoli) di non procedere in nessuna direzione, bloccando tutta l'attività che dovrebbe soddisfare l'emergenza abitativa ed il diritto alla casa, come graduatorie, fondi, osservatorio ed altri strumenti.

 

In aggiunta a ciò, come abbiamo denunciato nelle scorse settimane con un volantinaggio all'ex I.A.C.P. di Napoli, sembra che l'Ente Regione stia per trasformare nel contenitore ACER il patrimonio e il personale degli I.A.C.P. della Campania. Il nuovo soggetto da ente autonomo si tramuterebbe in un ente privato, che costretto dai vincoli del pareggio di bilancio, avrà come ripercussioni la continuità della mancanza di politiche abitativa ed un aumento generale di tutti i canoni di locazioni degli alloggi ERP qui in Campania.

 

Anche l'Amministrazione De Magistris sembrerebbe aver avuto una battuta d'arresto sulle politiche abitative pubbliche.

Già reduce dai danni creati dalla gestione del patrimonio pubblico da parte della Romeo, il cui il risultato è stato un fortissimo indebitamento da parte del Comune che ha prodotto anche l'attuazione di un piano di dismissione del patrimonio5, ancora in atto. Questa opera magistrale di dismissione è stata portata avanti dalla gestione pubblica della Napoli Servizi con risultati pari a zero. Si è scelto di vendere un enorme pezzo di patrimonio pubblico, a prezzi bassissimi che non risolleveranno le casse del Comune di Napoli, piuttosto che investire risorse nel suo riutilizzo in linea con i bisogni e le esigenze della popolazione così come più volte indicato dai movimenti per la casa che da anni si battono contro la dismissione.

Il Comune di Napoli, nei mesi scorsi, è stato ammesso al finanziamento di 3,5 milioni per attivare un'Agenzia Sociale per la Casa, nell'ambito del Programma Operativo Nazionale Città Metropolitana (PON Metro)6. Soldi in cassa da diversissimi mesi. Ad oggi la sua costituzione, nonché funzionamento, non è stata ancora adottata.

Questo strumento, se gestito bene, potrebbe diventare il punto unico di riferimento per soddisfare l'intero tema degli alloggi pubblici a Napoli. Per questo motivo bisogna immaginare e battersi, appena superato questo blocco, affinché esso diventi un organismo partecipativo ed allargato anche e soprattutto a chi in questi anni ha affermato con la lotta il diritto all'abitare.

 

Infine, a seguito della delibera di G.M. n. 1018 del 30 dicembre 2014 il Comune ha riconosciuto 12 immobili per l'emergenza abitativa. Questa delibera ha sicuramente sancito la volontà politica di attuare piani alternativi in tema di emergenza casa, ma non ne ha sicuramente esaurito la domanda. Parliamo di una delibera che dovrebbe rivolgersi non solo ad edifici di proprietà pubblica, ma soprattutto a quelli di proprietà privata. In sostanza il Comune si impegnerebbe a pagare una retta mensile a tutti i proprietari intenti a destinare i propri immobili ad uso sociale(in questo caso abitativo); una formula valida per tre anni ma con possibilità di rinnovo. La selezione avverrebbe secondo un bando pubblico a cui chiunque, in possesso dei requisiti richiesti, può fare domanda. Questo ci pone di fronte a diversi problemi: in primis, come su detto, parliamo, in ogni caso, di una soluzione temporanea volta solo ad arginare momentaneamente uno dei problemi più grandi di questa città senza porsi però nella condizione di una prospettiva definitiva. In secondo luogo, la complicatissima macchina burocratica a cui le amministrazioni sono sottoposte pone dei grossi freni nel ridurre i tempi di assegnazione di uno stabile, di eventuali ristrutturazioni (lì dove si tratti di edifici pubblici in cui sono necessarie), nella formulazione di bandi pubblici chiari e più appetibili, non solo per i proprietari ma ancor più per i futuri assegnatari. Ultimo ma non meno importante è il tema delle risorse: fino a questo momento in bilancio comunale sono stati inseriti nella delibera 300 mila euro per 12 stabili. Ripartiti ci sembrano che tali finanziamenti siano del tutto insufficienti, sia se si tratti di fondi da destinare a ristrutturazione, sia nel caso del sostegno per la morosità incolpevole. Inoltre all’oggi, dopo tre anni di prevista sperimentalità ad albergo sociale (residenzialità temporanea), non si procede ad individuare altre strutture da destinare a chi non può rivolgersi da solo al “mercato immobiliare privato”, privando quei nuclei familiari del diritto all'abitare. Se a questo aggiungiamo anche le esigue risorse a disposizione in tema di morosità incolpevole (1 milione di Euro approvato negli ultimi 5 anni), lo scenario che rimane è uno dei più disastrosi degli ultimi anni.

Ciò comporta, secondo noi, una disparità tra chi è già stato riconosciuto nel meccanismo offerto dalla delibera e chi ancora non è stato ancora riconosciuto, creando, di fatto, differenze a parità di condizione e disagio sociale.

Questi punti finora analizzati, dal piano nazionale fino a quello locale, pensiamo siano le questioni centrali, legati al diritto alla casa, che debbano essere affrontate da tutte le forza politiche, dal prossimo Parlamento, dalla Regione Campania, dal Comune di Napoli e dagli altri comuni campani.