PIANO CASA: IL GOVERNO RENZI RIMUOVE IL PROBLEMA DEGLI SFRATTI E DI UN VERO PIANO DI EDILIZIA PUBBLICA, FAVORISCE I PROPRIETARI E I COSTRUTTORI

Questa mattina in via Deserto dei Gobi 13 gli inquilini resistenti hanno bloccato gli sfratti per 24 famiglie che sono stati rinviati al 6 maggio. Venerdì 21 dalle ore 9,00 ancora picchetto anti-sfratto in via Benedetto Croce 68.

Roma -

Nonostante la mobilitazione degli ultimi mesi contro gli sfratti e per rivendicare una vera politica per la casa, il governo Renzi e il suo Ministro Lupi hanno portato all’approvazione del Consiglio dei Ministri il cosiddetto Piano casa.
Questo piano non affronta in alcun modo la reale emergenza abitativa che vive il nostro paese e neppure quella più grave degli sfratti. Solo negli ultimi tre anni (2011/2013) più di 200.000 sono le sentenze di sfratto emanate dai tribunali, il 90% delle quali sono per morosità incolpevole a causa della crisi economica. Leggendo attentamente il testo portato al C.d.M. ci si chiede immediatamente: che fine faranno gli inquilini colpiti da questo tsunami, visto che il decreto omette questo che è il principale e il più urgente dei problemi? Si lasciano 200.000 famiglie nelle mani degli Ufficiali Giudiziari e delle forze dell’ordine che dovranno solo decidere il giorno dello sfratto.
Che la filosofia di questo provvedimento sia quella di punire i ceti sociali più deboli, quelli che stanno perdendo il lavoro e la capacità di reddito e che sono sommersi nella precarietà, lo dimostra l’art. 5
che cancella la possibilità di concedere la residenza e di allacciare le utenze negli immobili occupati, che sono gli unici luoghi dove per migliaia di uomini, donne e bambini è stato possibile trovare una soluzione all’ emergenza abitativa, di fronte all’assenza totale delle istituzioni.
Questa è la risposta del ministro Lupi alle richieste di blocco degli sfratti e di un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica avanzate dai movimenti per il diritto all’abitare nell’incontro del 22 ottobre, dopo le manifestazioni del 18 e 19 e la tendopoli sotto il Ministero delle Infrastrutture.

Il decreto Casa:
- Contiene provvedimenti inefficaci, indirizzati solo a favorire i proprietari degli alloggi.
Impegna risorse, misere, per il rifinanziamento del contributo all’affitto e la costituzione del fondo per le morosità (poche decine di milioni annue fino al 2020 che potranno aiutare solo qualche migliaio di inquilini in difficoltà in tutto il paese) e non sospende i provvedimenti resi già esecutivi di rilascio forzoso degli alloggi.

- Rilancia il piano di dismissione degli alloggi ex-Iacp (così la percentuale di alloggi popolari in Italia arriverà presto vicino allo zero) anche costituendo un fondo per aiutare gli inquilini all’acquisto (18,9 milioni l’anno per 6 anni).

- Impegna 500 + 67,9 milioni di euro per il recupero degli alloggi di E.R.P. da riassegnare alle categorie protette (sfratto per finita locazione), escludendo quindi i più poveri, quelli con lo sfratto per morosità. Per non smentire la filosofia del provvedimento danno la possibilità di utilizzare questi fondi anche dalle imprese private (costruttori, coop., ecc.) per realizzare i cosiddetti ‘alloggi sociali’ (vedi la truffa dei PdZ a Roma).

- Soddisfa ancora i costruttori, le cooperative edilizie o di abitazione incentivandoli ad aumentare l’offerta di alloggi sociali (il famoso housing sociale) attraverso una maxi-deduzione dai redditi di impresa del 40% dei ricavi da canone di locazione per chi costruisce o recupera alloggi di edilizia sociale e regala varianti ai piani urbanistici per chi converte all’edilizia sociale i piani presentati entro il 31 dicembre 2013, senza stabilirne una quota minima. Questo sconto si applica anche agli interventi già realizzati (a coloro che hanno truffato gli inquilini dei PdZ?). Ovviamente questi piani riceveranno i soliti regali pubblici, sia in termini urbanistici che in termini economi.

- Da briciole agli inquilini che già pagano affitti sociali (edilizia agevolata, housing sociale, ecc.) con la possibilità di detrarre 900 euro fino a un reddito complessivo di 15.493,71 e 450 euro fino a un reddito complessivo di 30.987,41.

- Concede ai sindacati l’illusione del rilancio del canone concordato con la riduzione al 10% della cedolare secca, incentivandoli ad accettare modifiche agli accordi territoriali finalizzati a ridurre lo scarto, già molto esiguo, con i canoni del libero mercato. Questo per rendere questo canale più appetibile ai proprietari: potranno così avere anche gli stessi sindacati il loro beneficio obbligando gli inquilini ad usufruire della loro assistenza, pena l’iscrizione e il pagamento del servizio.
Si rimuove completamente il dato che centinaia di inquilini, i quali non hanno potuto rinnovare i canoni concordati con i sindacati concertativi (proprio per l’onerosità degli affitti richiesti con questo canale ormai molto vicini a quelli di mercato), che ora hanno lo sfratto per finita locazione e anche su di loro pesa la mannaia dell’intervento degli Ufficiali Giudiziari e delle forze dell’ordine.

- Si elude con elegante indifferenza il problema dell’inquilinato (90.000 inquilini in Italia) che si sta battendo contro la gestione speculativa del patrimonio abitativo degli enti previdenziali, dei fondi immobiliari e assicurativi, attraverso gli aumenti degli affitti, le dismissioni speculative e gli sfratti.