Svelati i contenuti della bozza di legge sulle case popolari elaborata dalla Giunta Rocca

La bozza più che riformare deformerebbe l'impianto normativo attuale. Lo sforzo della Regione Lazio di imbrigliare le Politiche Abitative che il Comune di Roma sta attuando, verrebbe pagato da decine di migliaia di inquilini delle case popolari e da altre migliaia che verrebbero escluse da bandi ed assegnazioni. Il concetto stesso di Casa Popolare e di Diritto alla Casa così come lo conosciamo oggi, verrebbe cancellato. Il punto di Asia-Usb

Roma -

Secondo quanto si apprende dalla Stampa la Regione Lazio si appresta a mettere mano alla Legge numero 12 del 1999, cioè la legge che regola i rapporti fra le Ater e i Comuni e che stabilisce i principi e criteri di accesso e permanenza nelle case popolari, compresi bandi, fasi di controllo sugli inquilini, requisiti economici e scopo del Patrimonio Pubblico stesso. Insomma, dopo un primo anno di politiche abitative incentrate tutte su sgomberi e recupero crediti, con molti cantieri fermi e parecchi disservizi tecnici specie per gli inquilini dell’Ater, la Regione Lazio vuole riformare, a nostro parere deformare, la Legge di riferimento delle case popolari.

C’è da registrare subito che l’operazione è da inserire  nella cornice di uno scontro politico con Roma Capitale, che sul piano delle Politiche Abitative sta tentando un percorso diametralmente opposto, ossia quello del recupero ed incremento del Patrimonio e del dialogo con la città. Ma per capire meglio occorre stilare un breve elenco di quanto messo a punto in Regione.  Ci concentreremo sugli aspetti che secondo noi sono più significativi:

  • Il rapporto locativo fra assegnatario ed ente non avrebbe più carattere permanente ma periodico, ossia gli inquilini avrebbero un contratto di locazione 4+4, al termine del quale, se i requisiti venissero meno, la locazione si interromperebbe. Questo è un tentativo di privatizzazione del modello di gestione del patrimonio pubblico ed è sia inutile, in quanto gli inquilini con la norma vigente dichiarano i propri redditi a cadenza biennale e l’Ater ha tutti gli strumenti per verificare rapidamente la veridicità di quanto dichiarato, sia illegittimo, poiché il periodo di locazione richiamato è quello disposto dalla legge che regola le private locazioni (la n. 431 del 1998) che all’art. 1 ne vieta l’applicazione per gli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica.
  • L’aumento del “canone sociale” da euro 7,75 a euro 35 sarebbe, oltre che ingiusto, inutile. Attualmente gode del canone sociale minimo solo quel nucleo che presenta un altissimo disagio sociale e/o economico, invalidi oltre i due terzi, pensionati sociali e simili. L’affitto di questi nuclei è composto inoltre anche dagli oneri condominiali, e non solo dal canone. Una norma giusta, quella attuale, che tutela i redditi più bassi che esistano nel paese, destinati spesso agli individui più fragili. Mentre la spesa in uscita per i nuclei avrà un suo peso nel bilancio delle famiglie, l’impatto per il bilancio degli Enti Gestori sarà minimo. Infine temiamo che quello del canone sociale sia solo l’apripista di un generale aumento dei canoni di edilizia pubblica, giustificato dal fatto che questi sarebbero “fermi” dal 2007. Al Governatore ed all’Assessore ricordiamo che gli stipendi sono fermi da molto prima. A fare da corollario a questo tipo di impostazione sono i luoghi comuni sulle case popolari, sulla presenza di masse di ricchi al suo interno e caste di furbetti approfittatori. È una narrazione vecchia che abbiamo contestato e smontato in diverse occasioni. Laddove siano presenti redditi che superano la soglia di permanenza, stabilita dalla Regione stessa ed aggiornata a cadenza biennale (altro punto della norma che si vuole abrogare) gli enti e i comuni possono re-impossessarsi dell’alloggio o chiedere un canone più alto, canone che l’Ater definisce “in deroga”, pari ed a volte superiore ai prezzi di mercato della zona in cui ricade l’alloggio. Indovinate cosa fanno quasi sempre gli enti gestori? Chiedono il canone più alto per intascare più soldi. Questo è a causa di una modifica normativa introdotta con la legge regionale numero 27 del 2006, cui noi ci siamo sempre detti contrari e che basta cancellare per perseguire lo scopo di equità che viene sbandierato.
  • Valorizzazione, ovvero svendita e non solo, del patrimonio. Lo scopo delle modifiche, che comporterebbero un ulteriore incremento di  dismissione (ad oggi abbiamo perso il conto dei piani vendita portati avanti da Ater) di case, è in totale contrasto con qualsiasi analisi di qualsiasi gruppo/ente/studio di ricerca o di settore. Tutti sono ormai concordi sulla necessità di incrementare il Patrimonio Pubblico a fronte dei prezzi folli del mercato, del numero degli sfratti eseguiti e della crisi dei salari. Su questo non ci sarebbe da spendere nemmeno una riga.  Se non fosse che la continua emorragia di patrimonio cui l’Ater è affetta è anche illegittima, in quanto le case di cui dispone sono state realizzate o acquisite con una finalità ben precisa che non può venir meno: garantire il Diritto alla Casa. Non salvare i bilanci né distribuire carriere o prebende. A ciò si aggiunga l’uso spregiudicato di alloggi per competere direttamente nel mercato attraverso locazioni con futura vendita, canoni agevolati e altre forme con cui si cerca di racimolare denaro, in totale disprezzo delle normative generali sull’Edilizia Pubblica.
  • Stranieri e tema della solvibilità: di base l’adeguamento normativo che stabilisce che uno straniero extracomunitario debba essere in possesso del titolo di soggiorno almeno biennale e di un rapporto di lavoro risale al 2022, e sta già escludendo diverse persone e famiglie bisognose dai bandi e, cosa gravissima, dalle assegnazioni dopo anni di attesa in graduatoria (secondo il vigente bando romano i requisiti devono essere posseduti sia al momento della richiesta che in quello dell’eventuale assegnazione). Ciò che forse non è noto e che questo sia stato un tardivo adeguamento della norma regionale alla Bossi-Fini, legge che di fatto ha trasformato la migrazione in reato quasi automatico, intasando le questure di tutta Italia. Altro concetto inammissibile è quello della solvibilità con cui di fatto si negherebbe il Diritto ala Casa a chi più ha bisogno di un alloggio pubblico destinato all’assistenza. Il sospetto che tale criterio venga poi esteso e generalizzato non è frutto di paranoia, ma di studio delle norme già vigenti in altre Regioni, ove i bandi sono diversi e le quote delle assegnazioni ai più poveri sono sempre più esigue. La destra insomma straccerebbe nel Lazio qualsiasi patto di solidarietà.
  • Carichi pendenti: in linea con la legiferazione del governo centrale, quello regionale conduce la sua campagna di criminalizzazione del dissenso e del bisogno, mettendo nel mirino anche chi ha carichi penali alle spalle. Curioso che sia proprio la Giunta Rocca a progettare questa modifica, visto che il Governatore ha potuto redimersi per il reato commesso in passato. Sta di fatto che la bozza prevede la decadenza dall’assegnazione se uno qualsiasi dei componenti di un nucleo familiare venisse condannato per determinati reati, oltre che l’impossibilità di partecipare ai bandi di assegnazione, sia chiaro. Questa norma quindi punirebbe anche chi non ha commesso reati, estendendo la punizione (anche se scontata) del reo ai propri familiari, privandoli dell’alloggio. Anche in questo caso fra legge e regolamento gli Enti Gestori già possono intervenire nei casi di reati connessi alla conduzione dell’immobile assegnato, per cui la Legge esistente non ha evidenti vuoti da colmare. Infine occorre sottolineare che nel nostro ordinamento le responsabilità penali sono individuali.

Insomma una serie di modifiche atte a stravolgere l’attuale impianto normativo e a peggiorarlo. Peggiorando così anche le condizioni di chi nelle case popolari ci vive, oltre che mortificando ancor di più chi da anni vorrebbe vedersene assegnata una ed ora rischia di non vedere mai arrivare quel giorno. Forse perché troppo povero, o perché straniero o ancora perché ha una vecchia condanna. D’altra parte si potrebbero già star sfregando le mani tutti coloro i quali non vedono l’ora di speculare su quel poco di patrimonio pubblico rimasto, acquistando per poi rivendere o affittare a canoni folli, espellendo i poveri dai quartieri, aprendo B&B (prassi già in voga da decenni) etc…

Asia-Usb si opporrà con tutte le proprie forze affinché questa riforma, così come descritta, non venga mai approvata. La nostra storia e la nostra idea di Diritto alla Casa non ci consentono di esimerci dal confronto e se necessario dalla battaglia politica, mettendo in atto tutte le forme di dissenso che via via sceglieremo, senza alcuna esitazione. Il nostro auspicio è che questa bozza rimanga a dormire nel cassetto, per realizzare questo obiettivo lanciamo un appello alla mobilitazione affinché finalmente si apra un conflitto serio con questa Giunta Regionale, avente come tema le politiche abitative di cui la regione Lazio e le famiglie in difficoltà hanno realmente bisogno.

Asia-Usb Roma