Il diritto alla città contro i poteri forti

Roma -

Venerdì 11 Gennaio 2013 13:20 di  Federico Rucco

Nelle grandi aree metropolitane ma anche nei centri minori, sfratti e interi palazzi lasciati vuoti a fini speculativi configurano la geografia delle disuguaglianze. Le occupazioni di case, i picchetti antisfratto, la riappropriazione di edifici inutilizzati riscrivono regole e priorità sociali delle e nelle città.

A Roma, qualche giorno fa, la Commissione Sicurezza ha stilato una mappa dettagliata di tutti gli immobili pubblici e privati (addirittura interi edifici) occupati. Una mappa di questa urbanistica “altra” è stata immediatamente pubblicata e amplificata dal giornale di Caltagirone, Il Messaggero. La destra capitolina invoca gli sgomberi e intanto presenta nuove delibere per consentire ai costruttori di cementificare per milioni di metri cubi in più. Interi palazzi che consumano suolo e territorio e che restano invenduti per anni, magari solo per funzionare come garanzia per ottenere prestiti dalle banche da investire in altre speculazioni. “Centinaia di case che devono essere assegnate a chi ne ha invece pieno diritto. Tra stabili pubblici e privati e alloggi popolari nelle occupazioni sono coinvolte circa 3 mila famiglie ovvero oltre 9 mila persone”, tuona il presidente della Commissione Sicurezza, Fabrizio Santori (Pdl) candidato alle primarie del centrodestra a sindaco di Roma, il quale si sente già in competizione e non esista a tirare per la giacca il sindaco invitandolo a usare la mano dura: “Alemanno ha tradito uno dei punti centrali del suo programma - aggiunge - che prevedeva anche la chiusura immediata dei centri sociali occupati illegalmente”.

La campagna scatenata dalla destra e dal Messaggero/Caltagirone, deve però fare i conti con una estensione dei movimenti sociali che sia sul diritto all'abitare sia sulla riappropriazione di pezzi di città per destinarli a uso sociale, sono entrati in campo piuttosto vigorosamente. Le mobilitazioni degli studenti e dei lavoratori dei mesi scorsi e le lotte dei movimenti per il diritto all’abitare culminate nella giornata del 6 Dicembre con l’occupazione di 8 stabili nella città, hanno lanciato la sfida. Roma alza la testa e si ribella alle politiche di austerità, ai tagli ed alle privatizzazioni, alla precarietà e all’emergenza abitativa, alla nuova corsa all’oro prodotta dai soliti speculatori - palazzianari e cementificatori. Nei territori le mobilitazioni e le lotte si diffondono e si collegano per costruire dal basso un alternativa alla precarizzazione delle nostre vite, alla mercificazione della città e delle sue risorse. I movimenti per il diritto all'abitare stanno cercando di allargare le loro alleanze sociali ed hanno convocato una assemblea per domani (12 gennaio, al cinema America occupato) e una manifestazione cittadina per sabato 19 gennaio. Per contrastare le delibere del Comune che prevede nuove e pesanti colate di cemento ma anche per “riprendersi la città”.

Ma questo braccio di ferro – che si declina sempre più come un vero conflitto sociale metropolitano – non riguarda solo la Capitale dove, storicamente, il movimento di lotta per la casa è parte integrante del dna del vecchio e del nuovo “movimento operaio”.

A Firenze, per esempio,“è finita la tregua” ha dichiarato il movimento per il diritto alla casa. Da lunedì 14 gennaio e a ritmo inplacabile riprendono le esecuzioni di sfratto. Si prevedono quasi 70 esecuzioni per gli ultimi 15 giorni di gennaio, una media di cinque sfratti al giorno.Tante donne sole con bambini, tante famiglie disperate e senza possibilità alcuna.Nella maggioranza dei casi il Comune non ha riconosciuto la morosità incolpevole, e quindi per tanti nuclei familiari non sono previste soluzioni alloggiative. Le nuove norme, rigidissime, imposte dalla Regione Toscana per l'accesso alle graduatorie di edilizia sociale, escludono nuovamente le famiglie in "morosità" dall'assegnazione di alloggi pubblici...inutile dire che tutti gli sfratti, oramai, sono per morosità. “Questa è la Firenze del candidato premier Renzi” denunciano i movimenti sociali “una città sempre meno giardino e sempre più galera, dove aumentano povertà e disperazione sociale, dove le aziende chiudono, e la precarietà (dal lavoro alla abitazione) diventa l'elemento costante dell'esistenza quotidiana. Da tempo ci organizziamo a tutela dei bisogni sociali, della difesa del diritto alla vita di migliaia di uomini e donne, in una guerra a bassa intensità che ci vedrà impegnati anche nel mese di gennaio”. I movimenti di lotta annunciano così i primi presidi antisfratto: lunedi' 14 gennaio ore 9 presidio in via michelazzi 16, quartiere di Careggi; martedi' 15  ore 9 presidio in via de'Vagellai 8, quartiere di Santa Croce; martedi' 15 gennaio ore 9, presidio in via di Belvedere 19, quartiere di San Niccolo'.

Ma il boom di quella che ormai viene definita “morosità involontaria”, dovuta ai licenziamenti e alla perdurante disoccupazione che non consente di pagare gli affitti, costringe i movimenti ad adeguare anche le loro forme di lotta e di resistenza. Vicino Brescia, per esempio, due giorni un picchetto ha bloccato uno sfratto a Verolanuova. La famiglia sottosfratto, era vittima della cosiddetta morosità incolpevole in quanto il capofamiglia era un operaio alla Prefabbricati S Michele, azienda fallita a causa della crisi, ora disoccupato e impossibilitato a pagare l'affitto, con moglie e due bambine di 4 anni e 5 mesi. La vicenda è diventata un caso emblematico in quanto anche il proprietario dell’appartamento è in stato di bisogno come lo sfrattato e per questo motivo l’iniziativa dell’Associazione Diritti per tutti e del Comitato provinciale contro gli sfratti è stata finalizzata non alla contrapposizione tra sfrattato e proprietario ma ad aprire un tavolo di trattativa con il Comune, per trovare una sistemazione alternativa per la famiglia. Lo sfratto è stato rinviato al 13 marzo per avere il tempo di arrivare ad una soluzione.

Il problema dell'emergenza abitativa richiede però anche risposte immediate. Gli enti locali ormai sono completamente latitanti nel trovare soluzioni abitative a chi finisce in mezzo alla strada o a chi ci vive già da tempo. Quella contraddizione tra “gente senza casa e case senza gente” conforma ancora il paesaggio sociale di moltissime città. Ma adesso a rimanere vuoti e inutilizzati non sono solo palazzi destinati ad abitazione, sempre più si liberano spazi ed edifici come le caserme dismesse dal Ministero della Difesa che Stato e amministrazioni locali vorrebbero vendere a privati per fare cassa. A meno che non ci si metta di mezzo l'iniziativa dei movimenti sociali che indicano invece soluzioni alternative come quello di utilizzare le caserme dismesse a fini abitativi per far fronte all'emergenza casa. A Bologna, per esempio, l'Asia-Usb ha organizzato un presidio davanti alla Caserma “Sani”, dismessa e inutilizzata da tempo. Il presidio è stato organizzato con l’intenzione di porre all’attenzione pubblica e alle Istituzioni un’enorme contraddizione. “Questa contraddizione è che di fronte a tantissime persone a Bologna che necessitano urgentemente di una casa, esistano posti come questa Caserma che rimangono inutilizzati, fino a che non verranno venduti a privati” dicono gli attivisti di Asia-Usb. Alcune settimane fa avevano occupato con alcune famiglie senza casa l'ex Istituto “Beretta” ma erano stati sgomberati dalla polizia pocoprima di Natale. “L’Amministrazione Comunale si era impegnata a giungere in tempi brevissimi ad un incontro per cercare una soluzione percorribile che portasse le persone ad avere una casa” denunciano gli attivisti “Ma questo ancora non è avvenuto e il risultato è che le persone sono ancora in una situazione di precarietà abitativa”.

In un contesto difficile e sempre più esplosivo, ci si mettono poi le iniziative “eclatanti” dei vari amministatori locali. Qualcuno ricorda la demolizione delle “Vele” di Scampia voluta da Bassolino? O quella annunciata da Alemanno per le torri di Tor Bella Monaca? Un can can mediatico assicurato ma del tutto inefficace per ridurre un degrado che aggrava una realtà sociale pesantissima e spesso ingovernabile. Stavolta però non è una città del Meridione o la periferia della Capitale a mettere sul banco degli accusati le “trovate” di sindaci in cerca di pubblicità. A Bergamo per esempio il Comitato Residenti delle Torri di Zingonia protesterà domani - sabato 12 Gennaio alle ore 15.00 di fronte alla sede della Regione Lombardia a Bergamo in via XX Settembre - contro il piano di riqualificazione dell'area di Zingonia. Il piano, scritto da Regione Lombardia, ALER, Provincia di Bergamo, comune di Ciserano, Verdellino, Osio Sotto, Boltiere e Verdello, prevede la demolizione dei 209 appartamenti e negozi delle 6 torri Anna e Athena di Zingonia. Per i proprietari e i residenti delle Torri sono previsti indennizzi risibili (meno di 20mila euro per appartamento) e minacce di esproprio, qualora non accettino il piano; condizioni ancora più inaccettabili se si aggiunge che la ricollocazione abitativa, in affitto in case ALER, non coprirà più del 50% degli abitanti delle torri! La gente non ha dunque altra alternativa che la resistenza.

Questa breve inchiesta segnala una serie di contraddizioni note o meno note, nuove o meno nuove, nella gestione delle città e dell'emergenza abitativa, ma soprattutto rivela che le scelte e le priorità nel diritto alla città oggi sono caratterizzate da un aumento delle disuguaglianze. Disuguaglianze sociali e gerarchizzazione nelle scelte sulle destinazioni di spazi, suoli, edifici. Si continua a pensare e gestire le città come area di valorizzazione del capitale – anche nella sua forma più meramente speculativa – infischiandosene completamente delle conseguenze sulle persone e dell'aumento della domanda sociale su moltissimi aspetti che rendono possono rendere le città dei luoghi di vita e le persone cittadini. Se le risposte sono sempre che la priorità è un'altra, che c'è sempre un altro progetto su quel palazzo o quello spazio, che se finisci in mezzo alla strada nella migliore delle ipotesi ci sono i dormitori della Charitas, allora diventa giusto e inevitabile che la gente proceda sulla strada della resistenza, del conflitto e dell'organizzazione: occupando le case se sonol vuote, bloccando gli sfratti se non sa dove andare, riprendendosi le caserme e gli spazi se questi si ritiene che possano essere valorizzati solo mettendoli sul mercato e alla mercè della speculazione.