Milano, la beffa delle case popolari: "Finite da due anni e mai assegnate"

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MILANO – “I due edifici sono pronti, ristrutturati da capo a piedi e con tanto di rifiniture – scrive Luca De Vito di Repubblica – Dalle fessure dei portoni si intravedono i muri degli atri riverniciati e gli ascensori installati. Entrando nelle abitazioni di via Panigarola e via Mompiani — basta scavalcare un balcone al piano terra passando dal cortile — si vedono gli interni completamente messi a nuovo: pavimenti, termosifoni, sanitari. Sono quasi un complesso unico e sono pronti da almeno due anni: eppure questi settanta appartamenti dell’Aler, l’azienda della Regione Lombardia che gestisce le case popolari, non sono mai stati assegnati”.

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Nel pieno dell’emergenza casa (a Milano sono oltre 23mila le persone in lista d’attesa per un alloggio), con le occupazioni abusive arrivate al loro picco più alto, questi due giganti silenziosi — e completamente vuoti — suddivisi in cinque scale nel cuore del quartiere Corvetto, alla periferia sud-est della città, rimangono abbandonati e dimenticati. E dire che basterebbe pochissimo per renderli subito abitabili, visto che, spiegano dagli uffici del Comune che seguono la partita con apprensione, i lavori sono finiti al 98 per cento e mancano soltanto 135mila euro. Un caso emblematico che dimostra come il problema delle occupazioni abusive abbia in realtà radici che affondano nella cattiva gestione del patrimonio di edilizia popolare dell’Aler degli ultimi anni, dove la percentuale di sfitto è cresciuta a dismisura.
La ristrutturazione di questi palazzi rientrava nei cosiddetti contratti di quartiere, con i quali il ministero delle Infrastrutture ha finanziato il recupero delle aree più degradate. Nel caso del Corvetto, questi finanziamenti venivano gestiti dall’Aler che — tra mille difficoltà e rallentamenti — ha portato avanti i lavori sulle case di sua proprietà fino al 2012. Sul più bello, però, quando le abitazioni erano sul punto di essere assegnate, la ditta responsabile delle ristrutturazioni è fallita. «Mancava davvero pochissimo — spiega l’assessore comunale alla Casa Daniela Benelli — , ma Aler a quel punto non aveva più i soldi che aveva promesso nell’ambito del contratto di quartiere. E quindi nessuno poteva pagare una nuova ditta perché completasse la ristrutturazione. Quella dei contratti di quartiere è stata una vera tragedia, perché l’Azienda regionale non è più riuscita a garantire la propria parte di contributo e i cantieri si sono fermati ».
Gli edifici sono contigui e circondati da palazzi abitati. In questi anni, sono stati presi di mira dai vandali e non sono mancati i tentativi di occupazione: dal cortile si può osservare come da alcune case del piano terra siano state portate via le serrande che danno sui balconi. «Adesso abbiamo rimodulato i contratti di quartiere — aggiunge l’assessore Benelli — e il ministero ha stanziato i fondi che servono per rendere agibili i locali. Ora spetta ad Aler completare l’opera ».
Dall’azienda regionale, però, fanno sapere che dal crac della ditta è tutto nelle mani del curatore fallimentare, e quindi «non è possibile accedere agli edifici». Ma assicurano che entro la fine dell’anno le case «verranno riaperte ».
I numeri dell’emergenza abitativa a Milano descrivono un quadro difficile. Di tutto il patrimonio di edilizia popolare — circa 80 mila alloggi tra Aler e Comune — ottomila sono rimasti vuoti: case che rimangono sfitte perché non ci sono i soldi per renderle agibili. E i sindacati lanciano l’allarme. «Non possiamo permetterci che alloggi come quelli di via Panigarola e via Mompiani rimangano sfitti per molto tempo — dice Stefano Chiappelli del sindacato inquilini Sunia-Cgil — Se non si assegnano, sarà solo questione di tempo: verranno occupate anche quelle. Le istituzioni devono smettere di fare lo scaricabarile e assumersi la proprie responsabilità. Il problema delle case sfitte è drammatico, soprattutto se si pensa che ormai le sentenze di sfratti per morosità incolpevole, contro famiglie che non ce la fanno a pagare l’affitto a causa della crisi, a Milano sono già arrivati a quota 18mila».