#6D a Roma: non ci bastano i palazzi del potere
Se il 14N aveva consegnato un punto di domanda: è possibile immaginare obbiettivi diversi dai periferici palazzi del potere?, il 6D ci lascia una parziale ma importante risposta.
Gli studenti medi, con l'occupazione simbolica di via Induno a Trastevere, hanno dato importanza alla pratica della riappropriazione. Sperimentata nelle scuole occupate e agita nei territori, come nel caso del Cinema America, la riappropriazione degli spazi ha dato modo di comprendere la potenza della relazione nel tempo della crisi. La stessa gioventù lidense di Ostia si è nutrita in questa simile dimensione.
I movimenti romani per il diritto all'abitare hanno poi costruito un ulteriore passaggio di qualità, dando un tetto a circa 3000 persone, colpendo direttamente la rendita e chi vuole procedere con la svendita del patrimonio pubblico. Da Ponte di Nona a Torrevecchia, da Prenestino ad Anagnina, fino al quartiere San Paolo dove nasce lo studentato"Alexis Occupato".
Nel #6D il rapporto centro-periferia è saltato nel migliore dei modi. Un moltiplicarsi di luoghi dove pianificare nuove forme di attacco. Non "assaltando" i palazzi del potere si è lasciato spazio alla possibilità di costruire nuove istituzioni autonome che si contrappongano alla metropoli della rendita. I germi della ribellione si piantano proprio in quelle disgregate dimensioni di quartiere dove sono possibili nuove relazioni antagoniste.
Tornare nei territori quindi non vuol dire chiudersi nel mutismo per assenza di prospettiva politica. Vuol dire piuttosto osservare meglio le contraddizioni e le ambivalenze del rapporto centro-periferia, imparando ad agire in una dimensione spaziale nuova che richiede maggiore capacità di radicamento.
Tornare nei territori vuol dire costruire nuove istituzioni autonome che rendano obsolete le istituzioni che governano a colpi di austerity. Tornare nei territori vuol dire evitare di essere ceto politico e sporcarsi le mani tra l'autonomia possibile e la barbarie che avanza.
E' possibile quindi immaginare obbiettivi diversi dai palazzi del potere soltanto se, uscendo dalla dimensione centro-periferia, ci accorgiamo che l'unico conflitto possibile è nella costruzione, nella relazione e nella riappropriazione. L'attacco del capitale e dello stato sarà una conseguenza di questo nostro lavoro, come ci insegna la Val di Susa.
E se per una giornata non si finisce sui giornali poco importa. Non sarà certo qualche intervista in televisione a dare forma ad un movimento generalizzato contro le misure di austerity.