A 5 GIORNI DALLO SGOMBERO I RIFUGIATI SUDANESI DORMONO ANCORA IN STRADA!
VENERDÌ SCORSO I RIFUGIATI DI VIA SCORTICABOVE HANNO CHIESTO PROTEZIONE ALL'UNHCR A ROMA
COMUNICATO STAMPA
I rifugiati di via Scorticabove: vogliamo vivere in pace
Nella mattinata di ieri 5 luglio 2018 si è svolto uno sgombero della palazzina di via Scorticabove 151, nella quale risiedevamo da ben 13 anni, noi un folto gruppo di rifugiati sudanesi del Darfur.
Dal punto di vista strettamente procedurale si è trattato della esecuzione di uno sfratto richiesta dalla proprietà dell'immobile a seguito del mancato pagamento del canone di affitto. Erano infatti tre anni che la cooperativa che un tempo gestiva i servizi di accoglienza si era ritirata, anche a seguito delle inchieste di mafia capitale. La prosecuzione delle attività sarebbe dovuta passare in mano all'amministrazione comunale o ad altro ente, ma questo non è mai avvenuto.
Noi rifugiati sudanesi quindi abbiamo continuato a vivere nello stabile, organizzandoci tra di noi in modo da poter pagare le utenze e garantire una gestione ordinata della nostra convivenza. Con un risparmio notevole per le casse dell'amministrazione (l'intervento di una cooperativa avrebbe comportato notevoli costi aggiuntivi), la nostra comunità di persone fuggite dalla guerra e dalle persecuzioni del nostro paese, è riuscita a garantirsi una vita dignitosa per diversi anni.
Ieri questa esperienza virtuosa è stata interrotta. Non è stata sgomberata un'occupazione, quindi, ma è stato piuttosto cancellato il diritto di persone alle quali lo Stato italiano ha da tempo riconosciuto lo status di rifugiato politico ad avere un alloggio e una protezione.
Tutto questo è avvenuto, è bene saperlo, senza che si fosse tentato da parte delle diverse istituzioni, un percorso condiviso e rispettoso della nostra dignità di perseguitati politici.
Quando nel tardo pomeriggio di ieri è finalmente arrivata l'assessora ai servizi sociali del Comune di Roma si è ripristinato uno spazio di dialogo che era stato negato per diversi anni. Le proposte messe in campo, però, sono ancora una volta risultate lesive della nostra dignità. Dopo più di 13 anni in Italia non ci si può proporre dei posti letto in dormitori.
Quello che serve è riconoscere innanzitutto le caratteristiche della nostra comunità. Siamo persone uscite da una guerra tra le più sanguinose degli ultimi decenni, con gravi perdite familiari, l'impossibilità di fare ritorno al nostro paese e pesanti conseguenze in termini materiali ma anche psicologici. La ricostruzione della nostra vita è passata in questi anni proprio attraverso il consolidamento della comunità di via Scorticabove, alla quale molti di noi ci siamo legati come ancora di salvezza e di stabilità economica ed anche emotiva. Sta in questo vissuto la ragione della nostra determinazione a voler restare uniti, a non accettare di essere dispersi, rischiando di perdere la fonte di stabilità che ci siamo faticosamente costruiti.
Per questo continuiamo a chiedere di poter avere uno spazio, anche da ristrutturare con le nostre mani, dove poter vivere in pace.
La comunità di via Scorticabove