A Torino abbiamo bisogno di edilizia residenziale pubblica per studenti, precari e classi popolari, non di studentati di lusso

Torino -

Oggi nel quartiere Lingotto, è stato inaugurato, dai resti delle palazzine ex Moi, il nuovo social housing con annesso studentato di lusso firmato Camplus. Alla cerimonia, oltre al presidente della Regione Alberto Cirio e al sindaco di Torino Stefano Lo Russo, erano presenti l’AD di Cassa depositi e prestiti Real Asset SGR, il presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e il Ceo di Camplus.

La lunga lista dei privati pronti a speculare sulla costruzione dell’ennesimo social housing, e dell’ennesima residenza universitaria privata, rappresentano un ulteriore schiaffo in faccia per il diritto all’abitare nella Torino capitale degli sfratti e della speculazione privata nell’edilizia residenziale.

Il sistema dei social housing da anni viene usato in questa città come strumento per tamponare l’emergenza strutturale in materia abitativa che sempre più trasversalmente colpisce soprattutto le classi popolari e le giovani generazioni di studenti e lavoratori precari. Tutto questo mentre parallelamente viene sempre più smantellato lo stato sociale, e non viene attuata una politica abitativa che miri a risolvere in maniera strutturale il dramma vissuto quotidianamente da milioni di persone in questo paese.

Né è un esempio plastico l’ex Moi: edificato per le Olimpiadi del 2013, assieme alle maggior parte delle strutture costruite per il grande evento in seguito è rimasto abbandonato fino a quando fu occupato da chi senza casa (giustamente!) non ci voleva più stare, restituendogli nuova vita e sottraendolo temporaneamente al destino che tantissimi edifici lasciati vuoti in questa città subiscono.

All’arrivo di grandi finanziamenti privati e pubblici si possono riaprire i cantieri per sistemare e riqualificare questi plessi; ma a quale fine?

Dietro alla retorica della destinazione sociale si celano i soliti meccanismi che acuiscono certe problematiche: in questi tempi di disoccupazione, di bassi salari e di redditi al limite della sopravvivenza invece di allargare e potenziare la disponibilità abitativa pubblica vengono affidati ai privati la gestione di questa tipologia di plessi. Nel frattempo una platea in progressivo allargamento di persone, a causa della sempre più scarsa capacità reddituale, non riescono ad affrontare le spese per mantenere un tetto.

Il meccanismo è sempre lo stesso: si favoreggiano grandi enti privati e i loro profitti dando loro la possibilità di speculare sempre di più, ciò al solo costo di una limitatissima disponibilità di questi alloggi destinati all’uso sociale e agli studenti. Si prendono la torta lasciando a chi ha veramente bisogno solamente le briciole.

In questi giorni abbiamo visto gli studenti in molte città d’Italia mobilitarsi per rivendicare un miglioramento del sistema residenziale universitario. Nel frattempo oggi, a Torino, viene inaugurato l’ennesimo studentato privato, con affitti alle stelle, che la maggior parte della popolazione studentesca non può permettersi. Di fronte alla carenza strutturale di posti in residenza, tale da non riuscire a coprire non solo tutti gli studenti che ne avrebbero bisogno, ma perfino tutti gli studenti che fanno domanda e che ne avrebbero diritto, la risposta dell’Università di Torino e dell’Ente regionale del Diritto allo Studio Edisu è di spostare gli studenti che avrebbero diritto all’assegnazione di un alloggio gratuito nelle residenze universitarie, in uno studentato privato in cui il costo di una singola stanza è di circa 300 euro.

Il modello degli studenti privati è un sistema che le amministrazioni cittadine hanno favoreggiato e messo in atto in molte città d’Italia, a partire da quelle del Partito Democratico che in questi giorni si pulisce la coscienza cercando di imbracciare a parole la protesta degli studenti.

Come studenti da anni denunciamo questo sistema, ribadendo la necessità di un piano residenziale di edilizia universitaria pubblica e gratuita, oltre all’esigenza di un reddito studentesco che ci permetta di affrontare le spese sempre più ingenti legate all’aumento del carovita e caroaffitti.

La liberalizzazione dei canoni di locazione, l’adozione di certe tipologie contrattuali e la sostituzione dell’edilizia residenziale pubblica con i social housing, ma anche degli studentati pubblici con quelli privati, mostrano sempre più i limiti di certe politiche a cui invece l’unica risposta dev’essere una radicale inversione di rotta: servono case popolari, alloggi e residenze pubbliche destinate a lavoratori precari e agli studenti.

Anche per questo il 26 maggio saremo allo sciopero generale, anche contro le politiche abitative di questo governo!

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