AFFOLLATA ASSEMBLEA DEI RICHIEDENTI ASILO E RIFUGIATI A ROMA

Roma -

 

21N assemblea pubblica c/o l’occupazione dei richiedenti asilo e rifugiati di p.zza Indipendenza

Abbiamo visto politici ed eminenti autorità versare, in pubblico, fiumi di lacrime per le recenti stragi di Lampedusa e del Mediterraneo. Sono lacrime di opportunisti senza vergogna, lacrime di individui con le mani macchiate di sangue ancora caldo, perché a compiere questo e gli altri eccidi di cui nessuno saprà mai niente, sono gli stessi signori che hanno diviso popoli e culture, separandoli con frontiere arcigne e militarizzate, sempre pronti a mettere tutti contro tutti, in costante competizione nel grande mercato globale.

Decisi a generare nuove guerre fra poveri, a sfruttare fino alla schiavitù, a costringere alla precarietà ed alla fame. Mentre gran parte della ricchezza di un pianeta devastato continua a concentrarsi nelle mani di pochi, proliferano guerre per il controllo economico e politico dei territori e delle risorse, generando ulteriore povertà e migrazioni di massa. Il modello capitalistico si espande e si impone oggi in ogni angolo del pianeta, saccheggiando risorse, diritti e libertà, trasformando la vita in sopravvivenza, uccidendo e costringendo alla scelta tra andarsene dalla propria terra o morire.

In ogni angolo del pianeta si cerca di sfuggire a questa morsa, lasciando le proprie terre e famiglie, viaggiando pericolosamente alla ricerca di possibilità, di un presente ed un futuro diversi. Riprendendoci le piazze per rovesciare regimi ed un destino che qualcuno vorrebbe già scritto. Lottando contro la precarietà e l’austerità, riconquistando insieme reddito e vita.

Storie diverse che si incrociano e talvolta si incontrano, dentro l’idea ancora da costruire di una rivoluzione globale, soprattutto dentro il tessuto complesso delle nostre città in movimento. E’ per questo che il 12 Ottobre scorso, ad aprire la settimana di lotta organizzata dai movimenti verso la sollevazione e l’assedio del 19O, un importante stabile è stato occupato nella centralissima piazza Indipendenza a Roma da circa 400 richiedenti asilo e rifugiati, insieme al coordinamento cittadino di lotta per la casa e ai movimenti per il diritto all’abitare. Da oltre un mese, dunque, l’occupazione di Piazza Indipendenza dimostra il fallimento di quanto predisposto dal governo con la cosiddetta “emergenza nord africa”, rappresenta soprattutto una ferita aperta per un potere che neppure dopo l’assassinio delle ultime 350 persone, che si vanno a sommare agli oltre 7.000 corpi che giacciono sui fondali attorno a Lampedusa, riesce a dare una risposta diversa e reale, se non becere operazioni di immagine.

Il dibattito pubblico che si è aperto dopo Lampedusa non ha portato, di fatto, alla necessaria messa in discussione delle fallimentari e criminali politiche dell’Italia e dell’Unione Europea sul tema dell’asilo e delle migrazioni (sia la Bossi – fini che Dublino rimangono per lo più intonsi). Le nostre frontiere sono tutt’ora blindate ed inaccessibili a chi fugge da guerre, regimi, catastrofi e persecuzioni, come a chi cerca in quello che una volta rappresentava il “nord” del mondo, una vita diversa.

Per chi riesce a penetrare nelle spesse mura della “Fortezza Europa”, la realtà che lo aspetta non è certamente né un paradiso, né una terra promessa: ciò che trovano migranti e richiedenti asilo è la segregazione dei centri di identificazione ed espulsione, il ricatto del soggiorno legato al posto di lavoro (proprio nel paese del lavoro nero, della precarietà assoluta e della disoccupazione!), discriminazione e assenza di diritti, un’accoglienza nei cosiddetti CARA indegna per degli esseri umani e generosa soltanto verso associazioni e cooperative compiacenti (come la Domus Caritatis a Roma), che non fanno altro che drenare fondi e speculare sulla loro pelle. Un destino, quello dei richiedenti asilo, che li vede ammassati nei presunti centri di accoglienza in cui condividono un letto in tre, campando con 1 euro al giorno senza poter viaggiare e raggiungere familiari e parenti neppure nello spazio Schengen, costretti ad aspettare all’infinito il riconoscimento o meno di uno status di rifugiato che non arriva mai, definito con criteri vecchi ed inappropriati. Oppure costretti a dimorare nelle nuove baraccopoli che sorgono in ogni anfratto della città, come tanti altri in emergenza abitativa grazie alle politiche di austerity e alle speculazioni dei re del mattone. Spinti da queste motivazioni e dalla tante esperienze di lotta e di riappropriazione che si sono diffuse ed affermate in tutta Italia, abbiamo condiviso nell’assemblea di movimento che si è tenuta sabato 9 e domenica 10 novembre qui a Roma la necessità di costruire un momento di incontro, riflessione, costruzione comune. Giovedì 21 novembre chiamiamo, quindi, non solo la città, ma anche reti ed esperienze nazionali a ragionare insieme su come sviluppare nuovi e più incisivi conflitti attorno ai temi della chiusura dei centri di identificazione ed espulsione, sulla rottura del legame fra soggiorno e lavoro e quindi sulla cancellazione della Bossi-Fini come della Turco-Napolitano, sulla garanzia effettiva del diritto d’asilo, su un’accoglienza seria e dignitosa fondata su principi di autodeterminazione e non sull’attuale inaccettabile business, sui diritti sociali e di cittadinanza più in generale. Lanciamo questa chiamata attorno a questi temi e a tanti altri da definire e declinare insieme.

Accanto allo sviluppo di queste lotte specifiche ma centrali nel definire il modello di società in cui vivere, ci interessa comprendere come coltivare collettivamente un processo di incontro non solo delle lotte, ma di tutte quelle figure sociali che cercano di sfuggire allo sfruttamento economico e sociale, alle frontiere, alla negazione dei più elementari diritti a cui oggi ci costringe questo sistema. Soprattutto vogliamo comprendere come una composizione precaria e meticcia possa oggi rovesciare rapporti di forza, liberare diritti, speranze, vita.