Avvocati di strada, ripristinato diritto su case occupate

Roma -


(ANSA) - ROMA, 12 MAR - Sulla possibilità di chiedere la residenza per le famiglie che occupano abusivamente immobili "è stata messa una parziale toppa a un errore del Governo": lo rende noto l'associazione Avvocati di strada.

"Il Piano Casa del Governo approvato nel marzo 2014 - spiega il presidente dell'associazione, l'avvocato Antonio Mumolo - stabilisce che chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedervi la residenza. La mossa non ha consentito di liberare più facilmente gli stabili occupati, ma in compenso ha avuto conseguenze molto negative su decine di migliaia di famiglie che occupano immobili vuoti solo perché hanno perso il lavoro e altrimenti finirebbero in strada. Tante famiglie in queste condizioni in questi mesi si sono viste cancellare la residenza proprio per questa norma, e con la residenza hanno perso il diritto di curarsi, di votare, di iscrivere i figli a scuola o ad una associazione sportiva".

"Nel denunciare l'incostituzionalità del Piano Casa - aggiunge Mumolo - avevamo sottolineato un incredibile paradosso: la legge italiana stabilisce che la residenza anagrafica deve essere riconosciuta a tutte le persone che vivono in un dato luogo. Adesso, a distanza di un anno, apprendiamo di una circolare del Ministero dell'Interno (n.633 del 24 febbraio) inviata a tutti i comuni italiani e che prova a fare chiarezza sulla situazione. La circolare sottolinea che dal momento che la legge anagrafica stabilisce che ogni cittadino che vive in un comune ha diritto di prendervi la residenza, se vive in una casa occupata non potrà avere la residenza in quel luogo ma dovrà comunque essere iscritto nell'anagrafe del comune, analogamente a quanto succede alle persone senza dimora che hanno la residenza in Via della Casa Comunale o in altre vie fittizie".

"Ci auguriamo che tutti i comuni italiani e le rispettive anagrafi recepiscano il più presto possibile queste indicazioni e che le famiglie che ora sono senza residenza possano riacquistarla al più presto. Ma chi risarcirà le famiglie che in questo anno hanno subito fortissimi disagi? Quanti drammi silenziosi si sono consumati per queste incaute scelte?" conclude Mumolo. (ANSA).

 

 


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Occupazioni e residenza il Ministero ci mette una toppa

La circolare risale al 24 febbraio, e adesso bisognerà vedere se tutti i Comuni eseguiranno.

Dopo un anno di polemiche e caroselli burocratici, il Ministero dell’interno specifica: chi occupa una cosa non può prendere la residenza presso l’indirizzo dell’occupazione, ma va comunque registrato come residente all’anagrafe “analogamente a quanto succede alle persone senza dimora che hanno la residenza in Via della Casa Comunale o in altre vie fittizie”.

Insomma, non si può negare l’esistenza di una persona in un Comune solo perché vive in una casa occupata.

L’inghippo era nato dopo l’approvazione del Piano Casa nel 2014 in cui, andando per le spicce, si stabiliva che chiunque occupa uno stabile abusivamente non può chiedervi la residenza.

Insomma, un classico italiano: il governo di turno fa una legge, presentandola come la soluzione a un certo problema, e per questo include regole severissime contro chiunque trasgredisca.

Poi, però, il problema – siccome  complesso – non si risolve. Ma le nuove regole restano. E così è accaduto per il Piano Casa. Le persone in difficoltà economica continuano ad avere problemi seri e concreti all’accesso a una abitazione “regolare”, soprattutto nelle grandi città.

Le occupazioni, lungi dall’essere una devianza sociale, risolvono da anni il gravissimo problema del mercato immobiliare “impazzito”, una delle più evidenti sperequazioni italiane.

Il Piano Casa del governo doveva assicurare sostegno all’affitto, rimettere mano alle case popolari, sviluppare l’edilizia residenziale sociale.

Poi i soldi a disposizione erano pochissimi (solo 200 milioni per il sostegno all’affitto, fondo che era comunque stato raddoppiato), qualche incentivo fiscale per i locatari: ma comunque il nulla rispetto alla gigantesca emergenza abitativa. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno, in Italia tra il 2009 e il 2013 più di un inquilino su 10 ha subito uno sfratto per morosità incolpevole.

Il Piano Casa, piuttosto deboluccio, aveva però individuato nelle occupazioni il nemico da combattere. Tanto da negare la residenza a chiunque viva in uno stabile occupato. Negare la residenza è una cosa molto grave: sono moltissimi i documenti e i diritti a cui è impossibile accedere senza una residenza.

Ora con la circolare 633 del 24 febbraio il ministero dell’Interno prova a metterci una toppa, invitando i Comuni a iscrivere gli occupanti presso le vie “fittizie” a cui da sempre vengono iscritti i senza fissa dimora.

“Come avevamo più volte anticipato nei mesi scorsi, la mossa del Governo non ha consentito di liberare più facilmente gli stabili occupati, ma in compenso ha avuto conseguenze molto negative su decine di migliaia di famiglie che occupano immobili vuoti solo perché hanno perso il lavoro e altrimenti finirebbero in strada. Tante famiglie in queste condizioni in questi mesi si sono viste cancellare la residenza proprio per questa norma, e con la residenza hanno perso il diritto di curarsi, di votare, di iscrivere i figli a scuola o ad una associazione sportiva”, ha commentato l’avvocato Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione Avvocato di Strada.

“Ci auguriamo che tutti i comuni italiani e le rispettive anagrafi recepiscano il più presto possibile queste indicazioni e che le famiglie che ora sono senza residenza possano riacquistarla al più presto. Non possiamo però che rammaricarci per quanto successo. Chi risarcirà le famiglie che in questo anno hanno subito fortissimi disagi? Quanti drammi silenziosi si sono consumati per queste incaute scelte? Il Governo – conclude Mumolo – doveva ascoltare prima il grido delle associazioni di volontariato come la nostra, che quotidianamente sono a contatto con le persone che vivono in difficoltà. Nell’approvare un Piano Casa che doveva combattere il disagio abitativo si sarebbe potuto evitare questo grave scivolone e sopratutto si sarebbe potuti intervenire prima, senza far passare inutilmente dodici mesi”.