Cambiamo tutto, anche la repubblica degli sfratti
Di fronte alla drammatica condizione in cui versano milioni di famiglie non sorprende la sempre più frequente estremizzazione del problema abitativo. Ma una società che sfratta con la forza e senza soluzioni abitative è già una società ultra violenta, oltre che ingiusta ed individualista. Le piazze di questi mesi ci hanno insegnato però che tutto può cambiare se si lotta assieme.
Le cronache di ottobre hanno messo in risalto in maniera quanto mai chiara ed esplicita, la complessità e la gravità dell’emergenza abitativa nel nostro paese. Dal suicidio di Sesto San Giovanni alle inedite immagini dei carabinieri che abbattono un muro a colpi di mazza a Bologna, passando per la strage di Castel d’Azzano, il tema Casa continua ad essere al centro dell’attenzione mediatica senza che però nessuno intervenga e senza che cambi nulla. Del fantomatico piano casa del Governo in finanziaria non vi è traccia: che si proponga una improbabile partnership pubblico-privata, di calmierare affitti o incrementare il numero delle case popolari, il governo è assente. E questo lascia campo libero a tutto, anche all’estremizzazione del problema, fino alle espressioni più violente, così come abbiamo visto. Perché l’esecuzione forzosa di uno sfratto, eseguita senza che la politica abbia messo in campo alcuna soluzione alternativa e dignitosa, così come il pignoramento dei propri beni da parte di un ente creditore, è già di per sé una forma di violenza e non può essere normalizzata, nemmeno nelle migliaia di casi che non si guadagnano la cronaca. Anzi, una società che difende i privilegi di pochi e a discapito dei bisogni di molti, che tutela in maggior misura la proprietà rispetto al bisogno e che si augura la dissoluzione di qualsiasi forma di difesa dei diritti, seppur minima, è già d per sé ultra-violenta e non può produrre nulla di diverso rispetto a ciò che vediamo quasi quotidianamente, da anni, e che oggi tutti sono costretti a osservare, ognuno con le proprie responsabilità o attraverso la propria sensibilità.
Per quanto ci riguarda, il ruolo che la politica dovrebbe avere e che da anni rifiuta di ricoprire è molto chiaro: calmierare il mercato privato attraverso l’offerta di alloggi pubblici con limitazioni dei prezzi di affitto finché tutta la domanda abitativa non sia stata assorbita. Praticamente 1.000.000 di case popolari in più, senza consumare il suolo (acquisizione dello sfitto e rigenerazione) e affitti commisurati ai redditi nel mercato privato. È proprio attraverso la questione abitativa che temi come il razzismo, l’arrivismo, l’esclusione sociale hanno preso piede diventando quasi determinanti per il consenso. La società di oggi però non ci sembra migliore rispetto a quella del passato, quella combattiva e solidale, dove i diritti si conquistavano tutti e tutte insieme. Le forze politiche di centrosinistra in questo hanno una grave responsabilità storica, dovrebbero accollarsi il peso della sconfitta culturale nei confronti della destra, ma non ci sembra abbiano la minima intenzione di farlo, tanto che nelle città che amministrano si sfratta come nelle altre, se non di più.
Ma cosa fare dunque? Anche per quanto riguarda il tema abitativo le mobilitazioni oceaniche delle scorse settimane non possono lasciare indifferenti. C’è voglia di cambiamento ed è avvertito il bisogno di nuovi codici di lettura della società, anche in chiave abitativa. I milioni di giovani che protestano per la Palestina sanno, ad esempio, che la marginalità politica cui li condannerebbe il sistema partitico odierno avrebbe pesanti ricadute anche sulle loro reali possibilità di emanciparsi. Sono gli stessi giovani che pagano 5 o 600 euro per una stanza ammuffita, che sono sfruttati nonostante la loro super formazione e che sono costretti a migrare altrove per trovare salari e condizioni di vita dignitose. Non rimane che organizzarsi, tutti e tutte insieme, per costruire una società migliore, in cui i Diritti, anche quello all’Abitare, siano realmente goduti da tutti e tutte. Non potremmo quindi non raccogliere e rilanciare, facendolo nostro, l’appello dell’Usb: parteciperemo all’assemblea dei delegati prevista per il 01 novembre a Roma al teatro Italia (via Bari 18), e accogliamo con favore la proclamazione dello sciopero generale del 28 novembre e la manifestazione del 29 novembre.
Asia-Usb
Movimento per il Diritto all’Abitare
 
							     
					 
    
			 
    
			 
    
			 
						 
							 
							 
							