Crisi finanziaria: gli effetti sui mutui

Da Soldi.it

Roma -

03 nov 2011

L’aumento degli spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi che dura oramai da agosto 2011 e che in questi ultimi giorni ha superato ampiamente quota 400 punti base ha purtroppo avuto delle conseguenze negative sul sistema bancario italiano.

Le agenzie di rating hanno tagliato il giudizio per il Sistema Italia e dunque giudicato più rischioso il nostro Paese. E a seguire anche i rating delle principali banche italiane sono stati tagliati; ciò significa che quando le banche emettono obbligazioni sul mercato per ottenere liquidità i loro titoli sono considerati più rischiosi e dunque devono pagare rendimenti più elevati.

Ma forse il problema principale delle nostre banche è che non riescono più a procurarsi denaro sul mercato interbancario, scontano una crisi di fiducia e dunque per ottenere liquidità devono passare attraverso la Banca Centrale europea che a sua volta finanzia la liquidità del sistema solo avendo in garanzia titoli. Un circolo vizioso che purtroppo sta bloccando l’erogazione di nuovo credito alle famiglie.

Che cosa succede al mercato dei mutui e dei prestiti?

A quelli già erogati niente di preoccupante. Se a tasso fisso ovviamente il tasso d’interesse non potrà essere modificato. Come affermato dall’articolo 118 del TUB nei contratti di durata come il mutuo la banca può modificare unilateralmente le condizioni di contratto solo per la parte che non riguarda il tasso d’interesse.

Se a tasso variabile in realtà il mutuatario potrebbe anche avere beneficiato in questi mesi di riduzioni nelle rate periodiche; il tasso euribor infatti che è il parametro di riferimento della maggior parte dei finanziamenti indicizzati quota 1 mese/360 intorno a 1,35 punti , 3 mesi 1,50 e 6 mesi 1,70. Si tratta di tassi assolutamente normali visto l’attuale tasso di riferimento della Banca centrale europea che quota 1,5%.

Il vero problema sono le nuove erogazioni. Si è registrato da inizio ottobre una crescita degli spread applicati dalle banche ai mutui: Ing direct che normalmente aveva degli spread intorno all’1,20%-1,90% attualmente ha degli spread intorno al 3%, Unicredit arriva a chiedere il 4,70%. Cosa succede con questi spread tanti elevati. Che i tassi finiti crescono ma non a livelli stratosferici. Se anche il tasso BCE quota 1,5% il tasso finito diventa del 4,50% e un tasso fisso con un IRS 10 anni al 2,52% (il valore più basso fatto registrare finora) arriva al 5,52% se non al 6%. Tassi tutto sommato ancora sostenibili.

Ma parallelamente molte banche si sono viste costrette a ridurre le durate disponibili per i mutui a tasso fisso; anche le più grosse non superano i 15 anni proprio per la difficoltà di trovare prestiti sull’interbancario di durata superiore ai 15 anni. Questo accorciamento delle durate rende impossibile per molti scegliere un mutuo a tasso fisso perché la rata periodica non è sostenibile rispetto al loro reddito mensile. Allungare la durata del mutuo ridurrebbe la rata periodica ma questo non è oggi possibile in molti istituti di credito.

Quello che si registra è una diminuzione delle erogazioni; tempi di istruttoria che si allungano a svantaggio di famiglie e di imprese. Difficoltà a superare i requisiti di affidabilità finanziaria sui mutui a tasso fisso perché non sono disponibili prestiti con durate medio-lunghe e dunque la rata per molti è insostenibile. E’ per questo motivo che le banche e l’Abi stanno chiedendo interventi al Governo per stabilizzare i mercati. La crisi di fiducia sta indebolendo i loro bilanci e purtroppo a farne le spese sono gli utenti finali.