Emilia paranoica! Ancora sgomberi a Bologna.
Con l’estate, a Bologna e dintorni pare essere arrivata anche un’intensa stagione di sfratti e sgomberi di occupazioni, che oggi ha visto un ulteriore incremento.
Nel centro di Bologna è stato sgomberato un palazzo ormai da tempo occupato da diversi nuclei familiari che, completamente autogestiti, avevano trovato una soluzione “fai da te” alle politiche comunali che lasciano sempre più persone senza casa e senza alcuna misura alternativa.
Queste famiglie, che con dignità avevano “ricostruito” le proprie case in uno dei molti immobili lasciati completamente sfitti nel panorama urbano (di proprietà dell’Asp), si ritrovano ora di nuovo senza casa e con in mano solo la vaga promessa di qualche posto in struttura per donne e minori.
La stessa sorte è toccata a quattro famiglie di Anzola, sfrattate stamattina dai loro appartamenti, anch’essi di proprietà Asp.
Gli sfratti sono avvenuti all’alba, con l’intero isolato reso completamente inaccessibile da cordoni delle forze dell’ordine, che fin dalle 4.30 hanno bloccato l’accesso alle imboccature delle vie circostanti, in una grottesca situazione di isolamento e pressione psicologica sugli abitanti.
Abitanti che, tuttavia, non si sono persi d’animo e hanno trovato nei vicini di casa una solidarietà e una coscienza della situazione davvero rara per questi tempi in cui, dalla scuola alla ricerca di una casa al posto di lavoro, la società ci abitua a percepire l’altro come un potenziale competitore o nemico piuttosto che come alleato.
Come attivisti di Asia-Usb, ci siamo recati in presidio sul luogo degli sfratti, congiungendo le forze con Iqbal Masih e Idra, strutture attive nelle lotte sociali a Bologna, e grande è stata la sorpresa non soltanto nel constatare il livello di militarizzazione della zona, ma anche la totale mancanza di alternativa allo sfratto da parte dell’amministrazione locale.
Per lunghe ore di trattativa infatti non abbiamo ottenuto nessuna risposta concreta dall’ufficiale giudiziario ne’ dagli assistenti sociali, i cui “progetti” sulle famiglie consistevano nel pagargli un biglietto di sola andata per il loro paese d’origine. Ci siamo recati dunque direttamente alla sede del Comune, ente con il quale il rappresentante della proprietà si era dato disponibile ad aprire una trattativa sull’unica famiglia che era stata in grado di resistere fino a quel momento all’esecuzione blindandosi in casa. Avvisati del nostro arrivo, i funzionari comunali hanno sospeso ogni esercizio e chiuso letteralmente la sede piuttosto che aprirsi ad un confronto, barricandosi nuovamente dietro cordoni di polizia.
La pressione che abbiamo esercitato ha condotto almeno alla garanzia, di nuovo, di alcuni posti in struttura, ma sappiamo che questa non è una soluzione adeguata.
Anche la tranquilla provincia di Bologna dunque risente dei devastanti effetti della crisi, che si manifestano in licenziamenti a tappeto e chiusure di fabbriche e piccole e medie imprese. Alla base di tutti e quattro gli sfratti di oggi è infatti la crisi della ditta Bignami Spa di cui molti degli inquilini erano dipendenti fino al recente licenziamento. Questa è solo una delle molte aziende del tessuto produttivo della zona che si trova in condizioni disastrose, producendo effetti catastrofici sulla popolazione: perdita di posti di lavoro e conseguente perdita per i lavoratori di ogni garanzia e diritto, compreso quello alla casa.
Dunque non è solo un’emergenza abitativa quella che ci troviamo a fronteggiare, gli effetti della crisi si manifestano sempre più in un’emergenza sociale diffusa, a cui nessuno dà soluzioni reali, né le istituzioni locali né tantomeno quelle nazionali, impegnate come sono ad inseguire norme e parametri europei fino alla rovina.
Risulta emblematico, alla fine della giornata, una frase detta da una delle vicine di casa delle famiglie sfrattate: “Se sfrattano loro ci sfrattano tutti”, come a indicare la consapevolezza di una situazione che giorno dopo giorno può colpire chiunque se non si inverte drasticamente la rotta, di una triste comunanza di destino.
Ed è vero, questo meccanismo è capace di schiacciare tutti se non saremo in grado di rispondere con la solidarietà e l’unità, supportandosi a vicenda per alzare la testa e la voce e gridare che la soluzione c’è, per cominciare basterebbe guardare a quanti edifici e case sfitte esistono a Bologna e in tutta la provincia e rimetterle in uso come patrimonio abitativo pubblico accessibile ai lavoratori e alle fasce sociali più compromesse.
Nessuno deve rimanere solo, uniti si vince!
ASIA-USB Bologna