ENTI PRIVATIZZATI: "Interpretazione autentica" e comma 38 della legge 243/04
Contributo del Forum Diritto a Comunicare.
Molti inquilini che subiscono la iper-speculazione – di canoni e/o di mutui - degli Enti previdenziali privatizzati, non hanno compreso che essa si basa su due presupposti di dubbia costituzionalità: l’uso strumentale della “interpretazione autentica” e il relativo comma 38 della legge 243/04. Se cadono questi due trucchi fasulli, cade ogni altra speculazione che ne deriva: sfratti, accordi-bidone, aumento illimitato di canoni e prezzi di vendita, azzeramenti di tutele minime per gli inquilini.
Se non si ripercorre la storia e gli eventi essenziali che riguardano gli Enti previdenziali pubblici – per natura, finalità, storia, status istituzionale – altri e diversi da quelli PRIVATI, non si può capire la situazione odierna e le vessazioni crescenti subite da 30.000 inquilini di questi Enti. Ecco dunque i fatti:
La legge 104/96- concordata tra Governo ed Enti – sanciva che gli Enti previdenziali pubblici dovessero dismettere, secondo procedure definite e garantiste per gli inquilini - il loro patrimonio pubblico non oltre il 1° marzo 2001 (5 anni di tempo per dismettere a condizioni regolate e concordate).
Alcuni Enti rispettavano l’impegno nei tempi stabiliti, altri invece - puntando a realizzare surplus di rendita immobiliare, sfruttando l’avvento dell’euro (2002) e la mitologia bipartisan delle “privatizzazioni“ – non rispettavano l’impegno e brigavano invece per “privatizzarsi (liberalizzarsi)”. L’ENPAF ad es. ha ottenuto la sua “privatizzazione condizio - nata” nel 2002, senza rispettare nessuno dei vincoli posti da quell’atto. Ma gli inquilini associati rivendicavano l’applicazione della legge 104/96, la cui scadenza ultima era precedente all’atto di privatizzazione. Contro questa legittima richiesta l’ENPAF ha presentato ricorso sia al TAR del Lazio che al Consiglio di Stato. Ma i suoi ricorsi sono stati respinti in entrambi i casi: i giudici hanno sentenziato che - quand’anche privatizzato – L’ENPAF era tenuto al rispetto della legge 104/96.
Queste sentenze non sono esecutive- com’è noto (ma per quale motivo?) - per cui L’ENPAF ha giocato sui rinvii e sui tempi lunghi della giustizia italiana, per guadagnare tempo e puntare ad una successiva manovra.
Intanto nel 2004, la legge 104/04 ribadiva e rafforzava gli obblighi per gli Enti previdenziali pubblici, riportando alla scadenza 2001 prezzi di vendita e canoni di affitto. Per effetto di questa legge, gli Enti che avevano venduto, dopo il 2001 e fino al 2004, a prezzi maggiorati, hanno dovuto risarcire i propri inquilini. Una vera “mazzata” per quegli Enti previdenziali privatizzati che non volevano vendere in tutto o in parte i loro immobili (L’Enpaf ha venduto nel 2005 i suoi immobili di Ostia a prezzi maggiorati,ma sostenibili). Perciò a ferragosto del 2004, l’ENPAF infilava in un decreto/legge – 243/04 (1 solo art. e 55 commi!) poi passato con la fiducia – il comma 38 (allegato), basato su un uso strumentale della “interpretazione autentica” della legge 104/96 (All. 1) e confezionato su misura.
Infatti questa fattispecie si applica a leggi che danno luogo a dubbi o a interpretazioni contraddittorie: nulla di tutto questo vale per la legge 104/96 validata in modo univoco da giudici ordinari, del TAR e del Consiglio di Stato.
Il comma 38/04 azzera e ribalta “retroattivamente” l’obbligo di questa legge (1996-2001)! Dispone che la legge
104/96 non si applica agli Enti, pur se privatizzati (legge 509/94) dopo l’entrata in vigore della legge 104/96. Una manna retroattiva per tutti gli ENTI (anche non previdenziali), che li esclude dall’ordinamento vigente e precedente.
Invece di scandalizzarsi, irritarsi o ribellarsi contro una “beffa colossale” che colpiva inquilini, parlamentari, giudici, partiti e giuristi, i nostri patrioti della “Italia Stato di diritto”, tacevano e coprivano la manovra Enpaf che apriva la strada ad altre “privatizzazioni retroattive”: solo Teodoro Buontempo (con pochi altri ) lanciava invettive di fuoco contro la sporca manovra, ma poi cedeva davanti al voto di fiducia. Anche i mass-media tacevano e censuravano.
Negli anni successivi – pur chiamato in causa - il governo Prodi lasciava correre, ignorando la faccenda, pur in presenza di una proposta di legge avanzata dal parlamentare Giovanni Russo Spena.
Nel 2005 il giudice Casavola ed altri hanno eccepito la legittimità costituzionale del comma 38 dinanzi alla Corte Costituzionale, con motivazioni del tutto simili a quelle qui riportate. La Corte ha dichiarato inammissibile (ordinanza 242/06) la questione, non per motivi di sostanza, ma per difetti di forma del ricorso.
Anche il governo Berlusconi non ha ancora fatto nulla per eliminare il comma 38/04, uno scandalo che non mi risulta abbia precedenti in Europa. Eppure basta una leggina di un solo articolo per eliminarlo.
Se si facesse oggi, gli Enti previdenziali privatizzatisi dopo il 1996 – certamente dopo il 2001 – sarebbero costretti ad applicare ai loro inquilini le condizioni delle leggi 104/96 e 104/04: cadrebbero sfratti e speculazioni, i prezzi di vendita sarebbero riferiti al 2001, gli accordi consociativi con i sindacati inquilini sarebbero nulli, canoni e mutui sarebbero ridefiniti su base 2001 (con il solo aumento della inflazione reale). In sintesi, gli Enti previdenziali sarebbero riportati alla loro natura pubblicistica, ai fini sociali e calmierativi correlati al modo in cui sono stati finanziati (da pensioni di lavoro e da sussidi pubblici ultradecennali). Un atto di giustizia e di legalità necessario e doveroso.
Molti inquilini, pensionati ed ultrasettantenni - oggi sfrattati - potrebbero rimanere nelle case in cui abitano da molti decenni, pur sacrificando in mutui ed affitti i loro redditi, impoveriti dalla crisi e dall’euro. E’ poi accettabile che la previdenza pubblica debba “calmierare”, mentre quella privata possa “speculare” in libertà, più del privato?
Le case di cui parliamo, sono accatastate A2 (civile abitazione), hanno una vetustà di 50-60 anni, sono collocate anche in zone periferiche. Quindi parametri abitativi oggettivi e misurabili, che vengono invece ignorati dall’arbitrio della proprietà previdenziale. Si arriva cosi al tragico paradosso, per il quale gli Enti previdenziali speculano più dello stesso privato, i cui prezzi decrescono. Nel mercato privato, ad es. i prezzi al mq non esistono più: se un immobile piccolo ha un costo proporzionalmente maggiore della media, quello grande ne ha uno inferiore (ma non per gli accordi sindacali degli Enti previdenziali!).
Roma 2 maggio 2010.
FORUM DAC (Diritto a Comunicare)