IL BILANCIO DI ALEMANNO E LA PIAZZA CHE NON TI ASPETTI
Alemanno vara un bilancio che è un altra macelleria sociale Roma, una città con l'acqua alla gola, tagli, licenziamenti e sfratti
da Lotte/ Liberazione, 22 luglio 2010
di Paolo Di Vetta*
Giovedì 15 luglio. Il pomeriggio capitolino è davvero assolato e la parte più in ombra della piazza del Campidoglio, intorno alle 16, viene invasa lentamente da una presenza rumorosa, colorata e decisamente variegata. In maniera molto seria i promotori della manifestazione si erano definiti "opposizione sociale" alla manovra di bilancio di Alemanno, e la scommessa si era dipanata intorno ad un appello raccolto da diverse realtà sociali, sindacati di base e forze politiche. Il dato numerico si è rivelato confortante, ma l'aspetto sicuramente più rilevante si è registrato nella composizione che ha prodotto tanta qualità oltre che quantità.
E' stato esaltante vedere le lavoratrici di Trambus Open tentare di evitare gli schizzi dei bambini e delle bambine che sguazzavano dentro improbabili piscine. Entrambi rappresentavano due volti della città, quello della lotta che dura da anni anche contro le discriminazioni di genere in un'azienda dove il Comune è maggioranza e quello dello scandalo dei mondiali di nuoto, dove numerosi impianti costruiti tra mille corruttele oggi sono chiusi all'uso pubblico.
Si sono mischiate così le vertenze, dall'abitare alla lotta alla precarietà, dal sapere alla difesa del posto di lavoro. In molti hanno chiesto di parlare in un'assemblea pubblica con decine di interventi, ascoltati con attenzione dai tanti presenti. Storie di licenziamenti, sfratti, soprusi, tagli, privatizzazioni, sgomberi, aumenti. Storie che leggendo il bilancio di Alemanno non trovano segni positivi ma solo peggioramenti. Una città con l'acqua alla gola che per non affogare può solo togliere il tappo e produrre quel conflitto necessario a restituire dignità e diritti costantemente violati.
La scommessa dei protagonisti appare riuscita. Tutti e tutte sono visibili, insieme e diversamente calpestano la piazza, bandiere di partito, striscioni, gazebo, piscine gonfiabili, fischietti e trombe. Nessuno appare di troppo e ognuno ha bisogno di chi si trova a fianco. Un buon pomeriggio decisamente. I movimenti per il diritto all'abitare, come al solito i più numerosi e meticci, hanno visto che la loro consueta rabbia verso politiche abitative inadeguate non era superiore a quella dei lavoratori e delle lavoratrici del canile comunale o degli operatori sociali in lotta. Stessa forza nella voce anche per le educatrici degli asili nido e delle scuole dell'infanzia.
I diritti, dalla casa, al reddito, dai servizi alla cultura, sono stati scagliati contro il palazzo Pretorio con la potenza delle trombe usate per l'assemblea e dall'unità realizzata in forma ampia e convincente. Di questo quadro hanno dovuto tener conto le forze politiche del governo comunale e quelle dell'opposizione, quando insieme come capigruppo hanno ricevuto la folta delegazione dei manifestanti.
Non abbiamo assistito dunque ad una rappresentazione dell'opposizione sociale ma ad una sperimentazione anche sul piano sindacale davvero interessante. Nessun delegato ha potuto/voluto parlare a nome di chi era in piazza e questo vale anche per chi siede in consiglio comunale nei banchi dell'opposizione, invitato a non contrattare sulle briciole in bilancio. Una piazza irrappresentabile e indipendente che costringe tutti ad una riflessione seria sull'autunno prossimo venturo e sulla crisi profonda che sta investendo la città e il paese intero.
La precarietà di vita e la necessità di conflitto persistenti tra chi affollava il Campidoglio rappresentano bene umori e ipotesi di mobilitazione più ampie. Così come hanno fatto gli inquilini resistenti recandosi a Montecitorio o la popolazione aquilana accolta con i manganelli, il tappo sta per essere tolto e questa operazione non la sta facendo questa o quella forza politica, questo o quel sindacato, ma si sta generando dentro i territori, nella perdita dei diritti, nel furto di futuro, nella devastazione ambientale e nel consumo di suolo, nella cancellazione della cultura indipendente e del diritto allo studio, nella restrizione degli spazi di socialità e di libertà, nelle lotte dei migranti, nelle generazioni precarie.
L'effervescenza scomposta che spesso caratterizza ogni segmento in lotta il 15 luglio ha trovato intorno al bilancio di "Roma Capitale" un momento di sintesi naturale, non forzato dalla necessità di sommare le debolezze ma scaturito dalla volontà di aprire uno spazio pubblico di confronto, utile a costruire le mobilitazioni necessarie sia locali che generali e generalizzabili. Ci si vedrà ancora per capire con quali gambe camminare e come sostenere le vertenze aperte, consapevoli che ancora tanta strada c'è da fare per ricomporre un tessuto sociale sotto attacco, spezzettato e in odore di sconfitta.
Non abbiamo nei pensieri la ritirata strategica né la difesa delle posizioni acquisite. Non vogliamo difendere l'esistente perché difenderemmo la miseria e siamo pronti a rilanciare giocandoci tutto e chiamiamo tutti e tutte a gettare il cuore oltre l'ostacolo, per riaprire conflitto e affermare dignità, contro la rendita e chi ha provocato questa crisi che ci sta mangiando le esistenze.
Siamo pronti per una mobilitazione generale nazionale, per uno sciopero metropolitano lanciato dai territori, dal cuore sociale pulsante delle città in lotta contro la precarietà e la crisi, insieme alle realtà sindacali e politiche che deponendo la primazia sull'evento e raccogliendo la sfida si vogliono cimentare con la costruzione e la generalizzazione di una giornata nazionale di lotta. Proponiamoci date e percorsi di avvicinamento possibili. Ci vediamo in città!
*Asia Usb