LA DEGNA RABBIA DELLA ROMA IN LOTTA

L'editoriale di Paolo Di Vetta -AS.I.A. Rdb- su www.liberaroma.org

Roma -

 

 

Dopo lo sgombero dell'ex Regina Elena decine di attivisti hanno occupato il tetto dei Musei Capitolini. Centinaia di persone hanno presidiato, con una tendopoli, il Campidiglio dal Foro di Traiano. Quattro giorni di proteste hanno costretto il Sindaco Alemanno e il Prefetto Pecoraro a concedere, per mercoledì prossimo, un tavolo di trattative sugli sgomberi. Intanto il movimento di lotta per la casa, i precari della scuola, i metronotte, i lavoratori delle cooperative, si preparano a un corteo cittadino per venerdì 11 settembre.

Ciò che sta succedendo a Roma in questi giorni, dallo sgombero del Regina Elena alla deportazione in centri di accoglienza inidonei e senza garanzie temporali delle centinaia di nuclei residenti nello stabile occupato, dalla linea della fermezza contro i manifestanti in Campidoglio alla resistenza degli uomini e delle donne sui tetti dei Musei Capitolini, sta assumendo i tratti della follia securitaria.

Nella città con gli affitti più alti d’Italia e con il numero degli alloggi sfitti più grande, si decide di risolvere l’emergenza attaccando proprio chi, con le lotte di questi anni per il diritto alla casa, ha anche rappresentato involontariamente un potente ammortizzatore sociale. Dove sarebbero ora le migliaia di famiglie che hanno subito sfratti o che non possono permettersi i canoni vigenti oggi nella capitale, se non avessero deciso di occupare? E i nuclei a rischio di sfratto difesi quotidianamente da picchetti metropolitani meticci? E gli studenti taglieggiati come i migranti da affitti in nero per posti letto e singole stanze?

Dov’è il diritto all’abitare in questa metropoli?

Non possiamo credere che si ritengano sufficienti le poche centinaia di alloggi che si profilano all’orizzonte capitolino.

Perché allora ora la mano pesante tesa a ripristinare la legalità, forse perché le direttive del pacchetto sicurezza impongono un cambio di passo repentino, una giravolta nelle relazioni con i movimenti e la chiusura di ogni canale di dialogo, se non quello palesato con gli scudi e i manganelli.

Se le cose stanno così vuol dire che si è deciso di fermare con le cattive maniere un movimento che puntualmente ha prodotto opposizione sociale e conflitto anche in splendida solitudine, e se questo avviene sulla città calerà un silenzio assordante, il manovratore non sarà più disturbato e il disegno urbanistico che verrà sarà confezionato dalla rendita immobiliare e dalla speculazione fondiaria, con buona pace di ciò che di diverso si è prodotto fino ad oggi da via Pincherle in poi.

La lucida follia di chi vuole intimidire un movimento complicato e largo come quello per il diritto all’abitare mette in evidenza le complicità e i silenzi, così come fa emergere la voglia di contrasto esistente nella società.

Non ci siamo solo noi. Questi giorni la città è attraversata dai precari della scuola, dai metronotte sul Colosseo, dai lavoratori delle cooperative che rischiano il licenziamento, dai precari della cultura, dagli omosessuali colpiti ripetutamente nei propri luoghi di socialità, dagli studenti, dai migranti, da chi sta presentando la domanda per un reddito di cittadinanza.

Unire questi mondi e costruire una mobilitazione cittadina per venerdì 11 settembre è possibile. Rompere il silenzio tollerante nei confronti di chi ha appena nominato uno squadrista neonazista al vertice dell’AMA,  richiamare il Prefetto ad una funzione di mediazione istituzionale e tutela della salute pubblica piuttosto che indossare i panni dello sceriffo metropolitano, risvegliare la città dei diritti, della libertà, della solidarietà e dell’accoglienza, respingere le misure disegnate dal pacchetto sicurezza.

La mappa della crisi ci consegna una città dove si è consumata una forte rottura del quadro sociale e dove siamo chiamati ad impedire che la composizione dei conflitti avvenga con il prevalere della svolta autoritaria. Questa cosa non riguarda solo il movimento per il diritto alla casa.