LETTERA APERTA AL SANTO PADRE E AL PREFETTO DI ROMA

Roma -

 

Senza dubbio attraversiamo una fase politica ed economica estremamente complessa e difficile. La crisi morde, mette in discussione i pilastri stessi della nostra economia e le scelte fatte negli ultimi decenni; mette tutti noi di fronte alla necessità di ridefinire le fondamenta della nostra convivenza civile, costruendo una diversa idea di città e di società.

Proprio in questo contesto crescono le preoccupazioni per quello che sta accadendo nella città di Roma, dove la crisi sta lacerando in profondità il tessuto sociale, con poche misure di contrasto e a volte manifestamente errate, messe in campo dalle amministrazioni locali.

Il problema della casa, la drammatica realtà dell’emergenza abitativa, accanto ai problemi del lavoro, dell’abbandono delle nostre periferie, del rischio connesso alla crescita di sentimenti di razzismo e divisione, offrono una rappresentazione chiara, inequivocabile, dei pericoli in cui questa città corre il rischio di sprofondare.

In particolare da tempo, come movimenti per il diritto all’abitare, sollecitiamo le autorità locali ad attivarsi con decisone per dare risposte concrete ai problemi che affliggono tante persone.

Cresce, infatti, il numero delle persone senza fissa dimora, di quelle più o meno organizzate costrette a vivere in alloggi di fortuna o in forme di coabitazione forzata. Come cresce il numero delle famiglie che non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese, a pagare affitti e mutui irraggiungibili e che di conseguenza vivono ogni giorno sul filo del rasoio aspettando che la propria casa venga pignorata, oppure aspettando che alla propria porta bussi un ufficiale giudiziario per eseguire uno sfratto senza paracaduti e senza alternative.

Decine di migliaia i giovani, spesso con lavori precari, che non possono lasciare le proprie famiglie e magari, se vogliono, costruirsene una loro perché l’accesso al mercato della casa è più che proibitivo.

A questa emergenza impellente e quotidiana non corrisponde mai uno sforzo solerte e sinergico della istituzioni, troppo impegnate a far prevalere logiche di rivalità e scontro politico.

Avevamo proposto di attivare e di sostenere la costruzione un tavolo di cooperazione inter – istituzionale aperto alle forze sociali, ma dopo due soli incontri è tornato a regnare il silenzio.

Avevamo proposto di mettere in campo azioni diversificate per efficacia nel tempo. Delle misure immediate per tamponare il divampare di nuove emergenze: blocco degli sfratti anche per i morosi per necessità, realizzazione di strutture pubbliche per l’accoglienza e la successiva garanzia del passaggio da casa a casa, apertura di tavoli con gli enti previdenziali per evitare nuovi processi di dismissione, sanare la situazione degli inquilini non in regola ed evitare il moltiplicarsi di nuove emergenze.

Avevamo proposto di costruire le condizioni e di lavorare ad un Piano Straordinario di Alloggi Pubblici e Popolari che si proponesse di assorbire le emergenze esistenti e di “aggredire” lo stato di precarietà ed incertezza provocato dalla crisi in vasti settori sociali. Un piano attento a produrre non solo una alternativa pubblica reale, ma ad indurre un effetto di calmieramento rispetto ad un mercato che rimane impazzito e fuori dalle righe. Un Piano di qualità che operasse con una logica di recupero e riqualificazione dei tessuti urbani, senza produrre nuovi ghetti e contraddizioni.

Indietro abbiamo ricevuto come risposta il mancato rinnovo del blocco degli sfratti (già insufficiente), ma per la prima volta del tutto cancellato nel silenzio delle istituzioni preposte. Nessun tavolo aperto con gli enti previdenziali, zero strutture di accoglienza pubbliche realizzate.

Soprattutto, indietro, abbiamo ricevuto un Piano di Indirizzo sulla Casa elaborato dal Campidoglio che riduce a soli 1500 alloggi l’offerta effettiva di alloggi popolari per i prossimi anni ed alla cancellazione, con un colpo di spugna, di circa 40.000 persone dalla graduatoria per l’assegnazione delle case popolari. Come dire che in questa città, chi ha bisogno di una casa da pagare in proporzione alle proprie tasche dovrà aspettare forse all’infinito, oppure, chi ne avrà la fortuna soggiornare in Residence privati pagati a peso d’oro. Ma chi non sarà fra i pochi fortunati? Chi non potrà aspettare?

Da circa un mese circa 100 nuclei familiari che non potevano proprio più aspettare, con la solidarietà di altri precari della casa, si sono accampati e presidiano l’Assessorato alla Casa del Comune di Roma insieme a due palazzi di proprietà di due banche vuoti da tempo. Così hanno attraversato questo natale e queste festività di crisi aspettando che qualcuno degli impegni presi dall’amministrazione cominciasse a concretizzarsi.

Oltre che dalla necessità e dalla disperazione, la determinazione di queste famiglie a non essere ricacciati nell’oblio e nell’invisibilità, nasce dalla consapevolezza e dalla coscienza che oggi questa è l’unica strada possibile per provare a riaffermare quello che dovrebbe essere un diritto elementare. Il diritto ad avere un tetto sulla testa. Il diritto, non solo per noi ma per tutti, ad una casa in cui costruire la propria vita ed il proprio futuro.

Per questo confidiamo nella possibilità di costruire un incontro con la prefettura di roma, con il vicariato e con il santo padre stesso, affinchè insieme si possa imprimere uno scatto ed un moto di dignità, tornando a costruire fili di relazione e di dialogo.

Mai come oggi è necessario prendere posizione, sbilanciarsi, evitare che la brutalità prenda il posto della ragione.

Movimenti per il diritto all'abitare

 

 

Rassegna stampa:

roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_gennaio_16/papa-misure-sicurezza-1602298816047.shtml

In allegato: Epolis Roma