Mattone…..E' la Capitale del rendimento.
Negli ultimi dieci anni, considerando i canoni e il capital gain, la casa ha battuto titoli di Stato, Borsa e inflazione.
Dal 1999 comprare a Roma un immobile e affittarlo ha reso il 10% l’anno, i Btp solo il 3,9%. Ma ora…
Articolo di Gino Pagliuca uscito il 17 maggio 2010 su Corriere Economia.
Chi ha puntato sul mattone dieci anni fa non ha di che lamentarsi. In una grande città l’investimento ha reso in termini reali l’8,4% l’anno, considerando i canoni percepiti e la rivalutazione dei prezzi. Battendo così nettamente i titoli di Stato che, nello stesso periodo, hanno reso solo il 3,9%, e l’inflazione (2,4%). In rosso, addirittura i risultati dell’investimento in Borsa, pur considerando il reinvestimento dei dividendi.
Gli investitori romani sono stati i più fortunati perché il rendimento dell’ultimo decennio è stato addirittura a due cifre, oscillando dal 10,4% della periferia all’11,3% delle zone di pregio. Tre punti in meno, invece, la performance di Milano, con variazioni tra l’8,3% delle aree semicentrali e il 7,8% del centro; maglia nera a Torino, dove si va dal 6,1% della periferia al 7% delle aree di pregio.
I calcoli sono stati effettuati partendo dalle quotazioni immobiliari di Nomisma di fine 1999, confrontate con quelle di fine 2009.
È stato ipotizzato che un investitore comprasse un’abitazione usata di 70 metri quadrati per affittarla a canoni di mercato. Al costo iniziale abbiamo imputato le spese legate all’acquisto calcolandole al 10%. Abbiamo considerato canoni di mercato decurtati del 40% dalle imposte (Irpef e Ici) e forfettizzato il costo della manutenzione straordinaria (che anche in caso di locazione resta a carico del proprietario) nello 0,4% del valore dell’immobile, rivalutandolo ogni anno in base all’inflazione.
Il computo non considera il reinvestimento anno per anno degli introiti da canone; se si ipotizzasse un investitore formichina che impiega i redditi di affitto in titoli di Stato il rendimento complessivo dell’operazione salirebbe di due/tre decimi. La performance inoltre salirebbe di un altro mezzo punto se si considerasse un immobile di minore dimensione, perché i canoni in proporzione sono più alti. Ovviamente il rendimento calerebbe per appartamenti con maggiori dimensioni.
Performance meno brillanti se riducessimo l’arco temporale dell’investimento: nella simulazione di questa pagina abbiamo considerato un decennio, cioè il lasso di tempo entro cui di solito si valuta la bontà di un investimento immobiliare non speculativo. Chi avesse comprato otto anni fa (la durata standard di un contratto di locazione residenziale) avrebbe ottenuto una performance media inferiore di mezzo punto. Considerando un acquisto effettuato nel 2004, l’inversione del ciclo immobiliare renderebbe l’investimento a malapena pari all’inflazione. Per periodi più brevi, infine, la performance oggi risulterebbe negativa anche in termini nominali.
Anche per il mattone però vale le regola degli altri investimenti finanziari: le performance del passato non sono una garanzia per il futuro. E l’orizzonte di medio periodo certo non appare favorevole.
Dice Luca Dondi, ricercatore di Nomisma: “La componente di guadagno in conto capitale ha rappresentato per chi ha comprato all’inizio del ciclo di crescita di fine millennio la fonte principale di reddito, ma risulterà, nei prossimi anni, molto più contenuta. Non mi stupirei che su un orizzonte di tre-cinque anni, l’investimento immobiliare, depurato delle varie spese, fatichi a garantire un ritorno positivo. Il decennio concluso ha rappresentato un precedente che difficilmente potrà ripetersi in tempi brevi. Le eccezionali condizioni che hanno sospinto al rialzo le quotazioni immobiliari non sono destinate a ripresentarsi e la limitata diminuzione dei prezzi, il 10-15% al massimo, non ha portato a un aumento dei rendimenti da canone”.
Tornando alla nostra analisi, i numeri forniscono supporto alle tesi di Dondi. Il rendimento delle case in centro a Milano è dovuto per il 5,8% al capital gain e solo per il 2% ai canoni; a Roma l’11,3% deriva dal9,4% di capital gain e dall’1,9% dei canoni.
E per il futuro? Eseguendo una simulazione decennale partendo dai valori attuali per una casa in zona semicentrale a Milano e a Roma con inflazione al 2% si ricava che nella metropoli lombarda se i prezzi nominali rimanessero fermi la performance ottenibile sarebbe dell’1,6%. Se i valori scendessero nel periodo del 10% in termini nominali (ipotesi mai verificata su un arco di tempo così ampio) il rendimento sarebbe dello 0,9%, se il valore dell’immobile crescesse nel periodo del 10% la performance sarebbe del 2,4%; con una rivalutazione del 30% si arriverebbe al 3,7%. Medesimo esercizio per Roma darebbe a prezzi invariati nel decennio una performance del 2,1%, a quotazioni in diminuzione del 10% un rendimento dell’1,3%, che salirebbe rispettivamente al 2,8% e al 4,2% in caso di rivalutazione del 10 o del 30%.
La morale è quindi la solita: se si vuole guadagnare con gli immobili bisogna selezionare opportunità destinate presumibilmente a rivalutarsi nel tempo. E dotarsi di pazienza.