NO ALLE GRANDI RENDITE URBANE, SI A UNA POLITICA PUBBLICA SULLA CASA
Siamo in piena campagna elettorale ed i politici di tutti gli schieramenti tornano a parlare del problema della casa. Eppure solo pochi giorni fa i movimenti di lotta per la casa si sono trovati di fronte al muro di gomma delle forze politiche capitoline di fronte al quale, nonostante la forte presenza di una piazza che attendeva risposte non procrastinabili, le forze politiche di maggioranza non sono riuscite a far approvare neppure un semplice ordine del giorno di indirizzo sulla centralità delle politiche abitative avviate e non da lasciare in eredità alla prossima consiliatura. I dati della questione casa sono paradossali e ci dicono che a Roma non si sono mai costruite tante case come in questi anni. Il settore delle costruzioni tira e, ancora di più, tira il meccanismo della valorizzazione immobiliare: il prezzo delle abitazioni è cresciuto a ritmi impressionanti e i grandi costruttori/proprietari sono entrati con forza nel mondo della finanza, dove gestiscono tra l’altro proprio quei mutui necessari all’acquisto delle case che loro stessi costruiscono, ottenendo proventi incalcolabili. Sul mattone a Roma si sono accumulate e si alimentano rendite incalcolabili, mentre non si costruisce più neanche una casa popolare e migliaia di cittadini sono costretti a riparare in periferia o nell’hinterland alla ricerca di prezzi più accessibili. A causa di questo autentico assalto alla città promosso dai vari Caltagirone, Toti, Parnasi, Bonifaci, Scarpellini e dalle grandi società finanziarie e immobiliari, la questione casa non riguarda più la fascia sociale più marginale ma si estende ormai ad un pezzo di ceto medio in via di impoverimento, colpito tanto dai redditi precari quanto della politica dei mutui e dagli affitti arrivati alle stelle. Con ciò si spiega per esempio la percentuale degli sfratti per morosità arrivata all’80%. Questo arricchimento di pochi e questo diffuso impoverimento sono avvenuti con la complicità sempre più esplicita delle giunte di centrosinistra. Del resto non è un caso che i grandi costruttori presenzino in pompa magna alle cene elettorali del Partito Democratico, così come presenziarono a settembre allo scioglimento dei DS e della Margherita. Purtroppo anche la sinistra radicale ha deciso di adeguarsi in favore del Nuovo Piano Regolatore, in un’aula Giulio Cesare blindata di celerini e piazza del Campidoglio piena di senza casa che protestavano, dandoci la sensazione di scegliere il male minore e alimentando un segnale di resa agli interessi dei più forti, che tutti i più noti urbanisti della città considerano gli unici beneficiari degli effetti del Piano. Questa scelta ha reso più debole l’iniziativa comune per l’approvazione del documento di indirizzo precedentemente citato.
Ma gli appetiti famelici di questo vero e proprio comitato d’affari sono insaziabili: non era ancora stato approvato il Piano e già erano pronti i progetti per superarlo, realizzando altre faraoniche cubature per edilizia residenziale di lusso, dal centro congressi dell’Eur alla delibera sulla Bufalotta alla Nuova Fiera di Roma a tanto altro ancora. Anche la notizia delle prossime dismissioni di aree demaniali e caserme già sta facendo nascere nuove ipotesi di “valorizzazione” in zone pregiate della città.
E la questione casa? La filosofia della precedente giunta è così riassumibile: a) reperire un piccolo nuovo bacino di case popolari per tamponare le emergenze più drammatiche (sono i numeri che l’assessore Minelli ripete stancamente e che sono una goccia nel mare, peraltro ancora lontana); b) concedere nuove aree edificabili ai costruttori privati (consumando altre fette dell’Agro Romano) e realizzare con loro progetti di social housing: suggestivo termine che nasconde non una nuova politica di edilizia pubblica bensì un nuovo patto con i capitali privati che avrebbero la possibilità di mettere le mani su importanti aree pubbliche e demaniali per produrre affitti solo di un terzo di quelli di mercato (proposte troppo simili a quelle della destra); c) continuare a fare affari con i grandi costruttori proseguendo nella trasformazione del centro storico in una vetrina e nella realizzazione di quartieri esclusivi, recintati e superprotetti dove le nuove elite possano trovare sicurezza marcando la distanza dal resto della città.
Questo abbraccio tra politica e finanza immobiliare si sta rivelando mortale per Roma: mentre le rendite crescono i redditi si riducono e l’idea di città come spazio dei diritti si perde completamente. Vince la forza del mercato e dei soldi. Gli amministratori smettono di amministrare e si limitano a ratificare gli accordi con i privati i quali in cambio di enormi concessioni edificatori ci elemosinano un giardinetto, una scuoletta, un ponticello pedonale… un servilismo imperdonabile neppure in grado di strappare una quota consistente di edilizia popolare in cambio degli enormi diritti edificatori elargiti ai soliti noti.
Eppure un’altra strada ci sarebbe: ripristinare un’idea di bene pubblico, mettere al centro le esigenze di chi vive e produce in città e subordinare e condizionare a queste gli investimenti privati. Se le forze politiche, aldilà delle promesse elettorali, non dimostreranno ancora una volta di non voler cambiare rotta, saranno i movimenti di lotta ad assumere questa sfida, portando avanti le battaglie già aperte per ottenere un Piano straordinario di Edilizia Residenziale Pubblica per la città di Roma.
Un Piano da realizzare costruendo sulle aree 167 almeno il 50% di edilizia sovvenzionata; attraverso l’acquisizione di alloggi ed edifici degli enti da sottrarre ad ulteriori manovre di cartolarizzazione e da destinare all’emergenza abitativa; la trasformazione delle caserme per farne strutture di accoglienza temporanea per senza casa e soprattutto alloggi popolari; un piano straordinario da realizzare sottraendo parte delle immense ed inutili cubature previste al controllo ed ai profitti dei privati per riconquistarle come bene pubblico e comune; case popolari che serviranno a sottrarre parte delle nostre vite al destino di precarietà e di non futuro nel quale ci vogliono relegare.
Coordinamento Cittadino di Lotta per la casa
Blocco Precario Metropolitano
Comitato Obiettivo Casa