Nuovo consumo di suolo e soliti affitti figli della L.431 del 1998, la trappola della nuova delibera di Roma Capitale

Il testo di indirizzo portato in Aula ha delle buone premesse, che però nel proseguo del testo vengono totalmente tradite. Si continua a consumare suolo nonostante gli evidenti effetti della crisi climatica e non ci si allontana definitivamente dalla legge del mercato privato n. 431 del 1998 (non applicabile all’edilizia pubblica), responsabile dei 1000 disastri della crisi abitativa italiana.

Roma -

È appena stata votata dal Consiglio Capitolino la Delibera di Giunta n. 57 del 15 maggio 2025, una delibera di indirizzo dei due Assessorati all’Urbanistica e alle Politiche Abitative. Il testo, muovendosi appunto sulle due direttrici relative agli ambiti delle due strutture proponenti, si pone l’ambiziosissimo compito di pianificare gli interventi necessari a garantire il diritto alla casa di decine di migliaia di famiglie, oggi escluse, sia attraverso l’E.r.p. che attraverso il fantomatico “alloggio sociale”, o a “canone sociale” o “sostenibile”, o ancora in “Social Housing”, tutte definizioni che secondo noi sono usate più per confondere le idee che per adottare soluzioni realmente incisive nella crisi degli affitti. Ma andiamo con ordine.

Il testo ha una lunga introduzione in cui viene quantificato il fabbisogno abitativo urgente della Capitale. Le premesse tra l’altro sono in parte condivisibili: incremento del patrimonio pubblico, affitti calmierati, rigenerazione, zero consumo di suolo. Chi non sarebbe d’accordo? probabilmente chi ha scritto il resto della delibera, specie per quanto riguarda la programmazione afferente all’Urbanistica. Come spesso accade infatti le premesse vengono tradite nel proseguo del testo: a fronte della cassazione definitiva di qualche Piano di Zona sito in zone agricole o rurali, viene programmato il completamento di tutto il secondo Peep con costruzione di nuovi alloggi (altro che zero consumo di suolo), prevedendo perfino l’eventuale realizzazione degli alloggi cassati in altri Pdz, o l’individuazione di nuove aree 167 per ulteriori costruzioni. Ciò ci appare non solo sbagliato dal punto di vista ecologico ed ambientale, ma anche in contraddizione rispetto a quanto si sta faticosamente tentando di fare nell’attuazione del Piano Strategico per l’Abitare, ove lo sforzo è concentrato sull’acquisizione di quanto già esiste ed è inutilizzato. Senza contare che il modello di gestione dell’edilizia agevolata ha già assorbito più di un miliardo e mezzo di euro senza portare benefici significativi alla città, in mancanza di quei controlli e di quelle sanzioni che proprio gli uffici proponenti (e non solo) dovevano attuare! Insomma ci sembra che la sudditanza di alcune compartimentazioni di Roma Capitale nei confronti dei costruttori sia ancora vigile e presente.

Nella seconda macro area (Politiche Abitative) si attua più o meno lo stesso meccanismo, le premesse ci sono ma vanno a scontrarsi con un’idea di sostenibilità del canone tutta sballata, figlia del tradimento che le parti sociali hanno commesso firmando qualsiasi accordo territoriale ai sensi della 431/1998. Sia ben chiaro, la Legge 431 del 1998 è un fallimento storico della politica italiana, il fatto che il comune di Roma continui a usarla come punto di riferimento ci dà un’immagine cristallizzata della difficoltà, anche di tipo culturale che la classe dirigente ha e che si traduce nella fatica anche solo di immaginare qualsiasi tipo di politica veramente innovativa sugli affitti, in grado di cambiare il paradigma e rendere il Diritto all’Abitare qualcosa di concreto ed esigibile. Ma non è solo una questione politico-culturale, Roma Capitale, così come gli altri enti gestori o detentori di edilizia pubblica, devono imparare a memoria L’ART 1 DELLA 431/1998, nel quale si dice che la norma non si applica all’edilizia pubblica! L’essenza del canone sostenibile non può essere legata a una scontistica da decidere con i sindacati compiacenti, ma a un reale meccanismo di proporzionalità fra affitto e redditi delle famiglie, come accade nell’edilizia sovvenzionata (case popolari).

Per questi motivi Asia-Usb prende una posizione fortemente critica nei confronti del testo, da riformare in più parti affinché quanto annunciato nelle premesse venga realmente realizzato: acquisire un patrimonio pubblico variegato, in grado di rispondere a più esigenze, con alloggi adeguati e affitti proporzionati ai redditi, senza consumare neanche un centimetro quadrato di nuovo suolo.

Asia-Usb Roma