OCCUPAZIONE BUFALOTTA: RASSEGNA STAMPA 7 APRILE

Roma -

Epolis Roma

di Marta Rossi

Emergenza casa. Con il Blocco metropolitano precario sono entrate in un nuovo complesso residenziale
Bufalotta, occupano 400 famiglie «E' solo l'inizio della nostra lotta»
Dopo l'incontro in Comune, Di Vetta: «Ci hanno chiesto di andare via, ma noi restiamo»

Roma - In via Carlo Ludovico Bragagliali divide solo la strada. Nella vita di ogni giorno, a separare i precari che hanno occupato un complesso residenziale appena costruito e i proprietari che stanno per entrarvi ci sono il reddito, il lavoro, un rogito da firmare. Perché l'esercito delle 400 famiglie guidate dal Blocco precario metropolitano fanno parte, per il 60 per cento, di quei trentamila nuclei che da anni aspettano di essere chiamati dal Comune per avere un alloggio popolare. L'ex assessore Giancarlo D'Alessandro, alla Bufalotta «solo come intermediario politico» per organizzare un incontro con il prefetto, assicura che «in 24 mesi verranno costruiti duemila alloggi, oltre alle acquisizioni e alla delibera firmata da Claudio Minelli per il cambio di destinazione d'uso». Nel tardo pomeriggio, poi, l'incontro in Campidoglio con Comune e Prefettura non porta grandi risultati: «Ci hanno chiesto di andare via - riferisce Di Vetta - . Noi restiamo, anche se la proprietà ha chiesto lo sgombero».
ALLE DUE del pomeriggio, dopo cinque ore dall'ingresso delle quasi mille persone nel complesso residenziale da 190 appartamenti con piscina condominiale da 330mila euro l'uno, è stato aperto solo un appartamento, a piano terra, per dare riparo ai bambini e Di Vetta raccomanda di «non entrare nei piani superiori». Perché, spiega, «Non siamo contro chi ha deciso di comprare, ma se aspettiamo il Comune non avremo mai casa». «Quello che chiediamo - ribadisce Pasquale Nappo, dell'Asia Rdb - è una politica abitativa seria, non a chiacchiere». Mentre i precari si attrezzano con tende, termos e borse frigo a passare anche la notte nel complesso di via Bragaglia, un gruppetto di proprietari degli appartamenti guardano con preoccupazione dall'altro lato della strada. «Questo non è un presidio - sbotta uno di quelli che tra qualche mese dovrebbe entrare nella casa - ma è un'occupazione. Abbiamo saputo stamattina e siamo corsi a vedere», racconta mentre un portavoce improvvisato tenta di entrare nella mediazione tra Di Vetta e D'Alessandro. «La nostra preoccupazione - spiega l'ex assessore ai Lavori pubblici - è che il presidio si risolva nel più breve tempo possibile».
IL SOLE non batte più sulle palazzine bianche, anche se sono da poco passate le tre del pomeriggio. Di Vetta con un microfono spiega cosa accadrà: «Prepariamoci a restare qua dentro - dice mentre la folla lo applaude - e sappiate che al massimo domani mattina verrà la polizia a sgomberarci. Ma dovremmo uscire uno per volta, a testa alta: dopo il giorno della dignità, domani sarà il giorno della vergogna». I bambini vengono portati via, o coperti nei passeggini. Samuele, sette mesi, avvolto in una coperta è in braccio alla nonna, mentre la mamma racconta la sua storia, uguale a quella di tanti. «Viviamo a San Basilio, in otto. Siamo in graduatoria con otto punti, davanti a noi ci sono 20.400 famiglie ». «Questa è la nostra campagna elettorale. Non pensiamo che si risolva l'emergenza votando», incalza Di Vetta, rispondendo a chi, negli altri movimenti di lotta per la casa si è candidato.

La lettera ai candidati

«Prima di tutto ci presentiamo»: inizia così la lettera che gli occupanti della Bufalotta hanno scritto ai candidati premier e sindaci. «Siamo famiglie dall'accezione larga e laica (...) e non abbiamo i soldi sufficienti per poterci permettere una casa. Oggi - scrivono ancora - è il nostro giorno dell'indignazione: senza una casa abbiamo perso la speranza di una vita dignitosa (...) A noi sembra che le vostre proposte nascano per permettere a chi si è arricchito in questi anni sull'industria del mattone di continuare a farlo. Aspettiamo una vostra risposta».

Reazioni. Camilloni dell'Osservatorio sociale: «Serve una commissione d'inchiesta per i 20mila alloggi»
"Ora verifica sulle assegnazioni"

«Le occupazioni abusive sono la prova provata del fallimento della politica abitativa del comune di Roma, incapace e inefficace ormai da anni di dare risposte concrete all'emergenza alloggi. Diventa sempre più rilevante creare una commissione specifica per verificare le 20mila case illegalmente assegnate così come specificato dagli stessi sindacati di inquilini»: dopo l'occupazione del complesso residenziale alla Bufalotta, il presidente dell'Osservatorio Sociale Luigi Camilloni sottolinea l'importanza di «impegnarsi per l'apertura di un tavolo tra sindacati e imprenditori privati che porti a un intervento più articolato sui fabbisogni complessivi della città e delle cittadinanza». «Questo gravissimo episodio segna in modo molto forte la campagna elettorale», dice il candidato sindaco del Pdl Alemanno. «La sinistra - aggiunge - non ha mai isolato per davvero, anzi ha sempre coperto, i professionisti delle occupazioni abusive». Per Cristiano Bonelli, candidato Pdl alla presidenza del IV municipio, «Sotto la sua giunta di Cardente, le occupazioni nel nostro territorio si sono moltiplicate». L'e? presidente: «Capisco l'emergenza, ma si tuteli il diritto dei cittadini che hanno già acquistato.

Il Messaggero

Roma. Organizzatissimi, capaci di muovere centinaia di persone: l’idea dell’occupazione...

Roma - Organizzatissimi, capaci di muovere centinaia di persone: l’idea dell’occupazione-presidio alla Bufalotta nasce due mesi fa, all’indomani del voto al Nuovo Piano Regolatore. I movimenti di lotta per la Casa allora chiesero che una quota dell’edilizia residenziale a Roma venisse destinata a canone sociale. «Non siamo stati ascoltati, così abbiamo subito cominciato a pensare a nuove forme di protesta», racconta Irene portavoce di As.i.a. Rdb, l’Associazione inquilini e assegnatari, costola di una frangia estrema di Action, legata dal sindacato delle Rappresentanze di Base. Anche se alla Bufalotta si firmano Blocco Precario Metropolitano. Sugli striscioni scrivono: «La vostra rendita, la nostra precarietà. Le case le prendiamo poi ne riparliamo». E ancora: «Roma fuori dal controllo» e «Lavoratori e precari, ma quale casa con questi salari?». Il tam tam dell’occupazione rimbalza da una parte all’altra della città. Nel corso della giornata c’è chi arriva zaino in spalla e chiede di entrare. Italiani, maghrebini, indiani. Ma all’interno l’organizzazione è rigida. All’ingresso si chiedono i nominativi e l’appartenenza a una lista. La lista degli attivisti. Di quelli che nel tempo si sono iscritti agli sportelli dell’emergenza casa di Casal Bruciato, San Basilio o di via Capraia, al Tufello. Che hanno dato piena disponibilità ad appoggiare la lotta dell’associazione dietro il miraggio di una casa. «Gente che è in graduatoria da anni per un alloggio comunale o popolare - dice Irene - senza riuscire ad averlo. Che non ce la fa a pagare un affitto o un mutuo». Trecentocinquanta i nuclei censiti nel primo pomeriggio tra i cortili e la vasca della piscina condominiale del complesso di via Bragaglia. Secondo il Blocco, il 60 per cento degli italiani è in graduatoria per la casa popolare. Volantinaggi, assemblee, l’ultima quella decisiva di cinque giorni fa. «Ci hanno chiamato - racconta una donna accampata in una tenda a bordo piscina - per dirci che era arrivato il momento. Non dobbiamo occupare gli appartamenti, ma chissà speriamo in quelli che non sono stati ancora venduti». C’è una famiglia del Tiburtino che già vive in una casa del Comune: «Mio figlio e mia nuora hanno avuto un altro bambino - racconta una signora - viviamo in 9 in un appartamento di 60 metri quadri. Loro sono in graduatoria da 6 anni. Intanto siamo qui». «Io abito a Val Melaina, mi sono separato e sono tornato a vivere dai miei - dice un uomo sulla quarantina - sono venuto all’ultimo momento. Non si sa mai, magari mi danno una casa».(Ale.Mar.)

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di Vincenzo Tersigni

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