Porreca: "Patrimonio Enasarco? Rimane ancora oggi un mistero"
Di Sergio Luciano
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“Allora come oggi non si conosceva e non si conosce come è formato il patrimonio immobiliare Enasarco, quali sono gli effettivi inquilini, quali sono le modifiche regolari o abusive apportate ai singoli appartamenti, se ci sono tutti i documenti di accompagnamento dei singoli fabbricati! E non si sa se gli accatastamenti corrispondono allo stato dell’arte; cosa che impedisce tuttora di effettuare tante dismissioni a favore degli inquilini”: parole come pietre, che pronuncia Donato Porreca, ex presidente di Enasarco, il potente istituto previdenziale privato degli agenti di commercio. La gestione Porreca è finita travolta dallo scandalo Ricucci, dal quale poi è uscito per prescrizione mentre aspettava la sentenza di appello contro un primo grado che l’aveva visto condannare a tre anni per corruzione.
Dottor Porreca, prima di parlare dell’Enasarco di oggi, ci dica la sua versione sulla vicenda giudiziaria che l’ha coinvolta.
“Potrei esimermi, perché è intervenuta la prescrizione, ma non lo faccio, perché è stata una storia incredibile. il tentativo di corruzione sarebbe partito dal signor Ricucci che avrebbe promesso una “mazzetta” di 60 milioni di euro per impadronirsi del patrimonio immobiliare dell’Enasarco: tutto ciò è assurdo perché il bando di gara non faceva nemmeno cenno alla alienazione degli immobili, bensì si riferiva solo alla scelta del miglior progetto di valorizzazione degli immobili stessi; il valore del bando si aggirava intorno agli 8/10 milioni di euro; Ricucci, proprio per la severità dei parametri previsti dal bando per i concorrenti, non ha partecipato alla gara e non si vede come avrebbe potuto promettere una mazzetta di 60 milioni per una gara che ne valeva un sesto ed a favore di un presidente che aveva alzato l’asticella dei requisiti dei partecipanti ad un livello tale che lo escludeva automaticamente. Se qualcuno avesse letto gli atti della gara avrebbe facilmente compreso che noi avevamo cercato di individuare il miglior progetto di valorizzazione degli immobili dell’Enasarco, il cui rendimento era al di sotto dello 0,7% e che il progetto doveva tendere a individuare le migliori SGR cui conferire tutti gli immobili dell’Enasarco dietro pagamento in contanti e in unica soluzione di 3 miliardi e 250 milioni di Euro con garanzia dei più grandi Istituti finanziari mondiali: e questi capitali ovviamente opportunamente investiti avrebbero reso intorno al 4/5% netti, visto i mercati finanziari dell’epoca”.
E poi?
“Poi l’operazione è stata abbandonata, gettando via il bambino sano con l’acqua sporca. Mentre leggendo gli atti si sarebbe compreso che preliminarmente il vincitore della gara avrebbe dovuto effettuare, a proprie spese, una due diligence documentale e di fatto del patrimonio, proprio perché allora come oggi non si conosceva e non si conosce come è formato. Infine il bando prevedeva che la o le SGR conferitarie degli immobili avrebbero dovuto osservare il diritto di prelazione degli inquilini, come per legge, e che il prezzo di vendita agli inquilini stessi sarebbe stato determinato dal consiglio di amministrazione dell’enasarco. Insomma, un’operazione assolutamente giusta, opportuna ed equa”.
E veniamo ad oggi. A otto anni dal commissariamento e dopo sette di nuova gestione la situazione del patrimonio Enasarco sembra ancora nell’occhio del ciclone. Ma cos’è, una maledizione biblica? Come se la spiega?
“La mia risposta è contenuta implicitamente nella precedente: è pura follia pensare di impiegare 7, 8 o addirittura 10 anni per dismettere immobili precipitando nella crisi economica generale, nella caduta dei prezzi, nella difficoltà assoluta di accedere ai mutui e nella difficoltà di ciascun potenziale acquirente di far fronte agli oneri dell’acquisto. Non vi è chi non veda che la nostra previsione fondava proprio sul superamento di queste difficoltà. Leggetevi il bando di quella gara e capirete come si poteva e doveva valorizzare il patrimonio immobiliare dell’Enasarco. Ed io invece di ricevere un premio mi sono visto attribuire un “tentativo” di corruzione impossibile e strumentale”.
Una delle vicende più oscure degli ultimi anni è quella del fondo Anthracite, nel quale furono investiti molti milioni di euro, finiti poi in prodotti derivati di dubbia liquidità. Quando, da chi e perché fu fatta questa scelta?
“Io non so quando e da chi è stata fatta. Peraltro non mi pare difficile esibire le delibere e gli atti che riguardano questo investimento! Ma vorrei che fosse chiaro che durante la mia gestione non ho mai fatto investimenti su singolo prodotto di quel livello e l’ultimo investimento effettuato nel giugno 2006 (ultima decisione in merito del CdA) fu di circa 450 milioni di Euro su un giardinetto di 7 od 8 prodotti diversi, in ossequio al mio principio del pater familias di diversificare gli investimenti proprio ai fini della riduzione del rischio. E infine ricordo agli immemori che al momento in cui fui costretto a lasciare la presidenza della Fondazione nelle casse c’erano 1 miliardo e 300 milioni di Euro liquidi o meglio in PCT. Sulla fine che hanno fatto questi capitali non tocca a me indagare, ma tutto ciò ho rappresentato in una lettera del maggio 2013 a tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’Enasarco!”
Nella vicenda Anthracite risulta coinvolto il finanziere-manager Massimo Caputi, che ancora oggi, attraverso Prelios, gestisce parte del patrimonio immobiliare Enasarco. Non le sembra una coincidenza difficile da spiegare?
“Non ho mai incontrato il dott.Caputi, né l’ho mai conosciuto e non mi risulta che, durante la mia presidenza, egli abbia avuto titolo a gestire alcunché per l’Enasarco”.
Che ne pensa delle clamorose e polemiche dimissioni dell’ex vicepresidente Pozzi?
“Nulla. Non conosco le ragioni delle sue dimissioni e non ho nemmeno il piacere di conoscere il vicepresidente Pozzi, limitandomi ad una antica amicizia con il suo papà che peraltro nulla c’entra con questa vicenda”.
Tra le critiche di Pozzi, ma non è l’unico a muoverla c’è anche che il grado di manutenzione degli immobili locati sia inadeguato. Che ne pensa?
“Penso che sia sicuramente vero. E mi chiedo se questa constatazione sarebbe ancora dolorosamente attuale se nel 2005 avessimo conferito tutti gli immobili come era previsto dal “famigerato” bando di gara e gli immobili fossero stati ceduti agli inquilini nell’arco di uno o due anni invece che in 10 anni e più. Non vi è chi non veda che il trascorrere di così lungo tempo senza programmi razionali di manutenzione ciclica ordinaria e di efficace ed efficiente manutenzione straordinaria non può che provocare le conseguenze sotto gli occhi di tutti”.
La Fondazione Enasarco ha però appena varato un regolamento finanziario che è stato anche approvato da Covip e Ministero del Lavoro per riqualificare la gestione degli asset. Cosa mancava al metodo gestionale che abbia reso necessario questo regolamento?
“Io invertirei la domanda chiedendomi quali fossero stati i risultati dei metodi di gestione del patrimonio mobiliare della Fondazione ai miei tempi e non posso non rilevare che, al di là di possibili ricavi non perfettamente pari alle previsioni per le fluttuazioni di mercato, io non ho constatato perdite né clamorose né meno clamorose. Tuttavia se si è pensato a varare un regolamento che attinga a più prudenza e più attenzione, questo non può che essere positivo”.
Si parla con insistenza del trasferimento delle competenze della vigilanza sui fondi complementari dalla Covip alla Banca d’Italia e di una stretta di freni della Commissione bicamerale sulle procedure di controllo. Cosa ne pensa?
“Questo o quello per me pari sono! Si dice dalle mie parti che è inutile o quasi chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti”.