Torino, nella capitale italiana degli sfratti, per mantenere il record si sgombera chi deve ancora nascere
Non esistono mezze misure sull’emergenza casa a Torino. A poche settimane dal vertice europeo sull’occupazione giovanile, voluto in questa città da Matteo Renzi, il cui governo ha ideato il tragico piano casa, si continua a sgomberare. Non centri sociali o squat, come d’altronde chiede con insistenza sia la minoranza in Consiglio comunale sia addirittura quasi tutta la maggioranza, ma le famiglie dei senzatetto, gli sfrattati, come quelli che questa mattina in corso Traiano 128 sono finiti in strada dopo l’intervento delle forze dell’ordine, dopo la richiesta della catena di centri commerciali Panorama.
Già, quelli che fanno comodo in campagna elettorale e nel volontariato ecclesiastico vengono chiamati gli “ultimi”. Ultimi perché precari, disoccupati, immigrati, con situazioni alle spalle difficili, di quelle che ci propinano nei giorni delle festività natalizie per farci lacrimare gli occhi facendoci annacquare spumantini e ammorbidire panettoni. Ma primi a riprendersi gli spazi che Comune, Regione, privati lasciano abbandonati al proprio destino.
Meglio per alcuni una città che cade a pezzi, usurata dai mali del tempo e dall’incuria, che dare una speranza a chi, come abitazione, non avrebbe altro che un ponte o un’automobile.
Torino, quattromila sfratti all’anno. Torino, mediamente uno sgombero al mese se non di più. L’amministrazione comunale, i nemici, quando non ci sono, se li fa da sé. E se alcuni cercano il dialogo e di capire, tutti gli altri alzano muri impenetrabili, di gommosa memoria.
Più volte gli sfrattati, i senzacasa, i collettivi antisfratto hanno chiesto tavoli a cui sedere per moratorie, cancellazione del 610, quello degli sgomberi a sorpresa per intenderci, e il censimento delle case Atc incredibilmente ancora sfitte nonostante le richieste.
Insomma un tavolo politico dove trovare una soluzione. Un tavolo a cui a oggi non si vuol sedere il prefetto Paola Basilone, la quale, fateci passare i paragoni in una sorta di fusion tra Margaret Tatcher e il suo antico collega Cesare Mori, ci viene da chiamarla Prefetta di Ferro.
Lei, che dal 9 dicembre, il giorno della manifestazione dei Forconi, a gaffe sia istituzionali che di ordine pubblico è messa bene, non ha voluto incontrare una delegazione dei senzatetto, i quali con una acampada di due giorni, in piena piazza Castello hanno presidiato la prefettura per fargli sentire il fiato sul collo in modo che a quel tavolo venga il prefetto, l’unico che in teoria potrebbe sospendere gli sgomberi.
Ma la Prefetta di Ferro non ha aperto le porte perché non c’era un appuntamento fissato. In realtà a incontri tra vicesindaco che si occupa della vicenda e gli sfrattati era stata invitata. Anche se lei continua a dire di no. Paradossale è che dopo le acque agitate degli scorsi gironi, proprio per il mancato dialogo della prefettura con le parti in causa, oggi si arrivi all’ennesimo sgombero di tredici famiglie tra cui donne incinte.
Già, perché a Torino, per mantenere il record nazionale di capitale degli sfratti, va di moda, visto che non è la prima volta, sgomberare anche chi non è ancora nato.