CASA, 25 MILA ALLOGGI PER LA SFIDA CAPITALE
Trentamila famiglie a Roma sono in graduatoria per ottenere un alloggio popolare. Famiglie con un reddito inferiore a 20.000 euro che non sono in grado di affittare una casa agli attuali prezzi di mercato, tanto meno di acquistarla.
Il Tempo 26/06/08
di Damiana Verucci
Di queste, alcune sono fuori casa da almeno quattro anni e quindi hanno il massimo dei punti in graduatoria (10), altre sono sotto sfratto, altre ancora, la maggior parte, non hanno mai avuto una casa, non sono state sfrattate e quindi hanno punteggi bassi e poca speranza di ottenere un alloggio popolare. A fronte di tutto ciò, nel 2007 la Capitale è stata in Italia la città con il più alto numero di sfratti eseguiti con la forza pubblica, ben 1.767, l'80% dei quali per morosità. E come se non bastasse, l'Istat ha verificato lo scorso anno la presenza di 200.000 alloggi non utilizzati da persone residenti. Numeri di quella che è una vera «emergenza abitativa», affrontata in questi anni dall'amministrazione capitolina con provvedimenti di vario genere che l'hanno solo in parte tamponata.
Si guarda ora al futuro con la prospettiva di un piano-casa che prevede la realizzazione di 25.000 nuovi alloggi, non solo popolari, ma anche per affitti a canone agevolato e mutui con diritto di riscatto, da realizzare entro i prossimi cinque anni. Una risposta concreta alla «fame» di case, ma l'incognita sui tempi e sull'effettiva realizzazione resta. E nel frattempo? È opportuno partire dai dati per capire la dimensione dell'«emergenza» e rispondere alla domanda. Il primo che balza agli occhi sono le 30.000 famiglie in graduatoria per ottenere un alloggio popolare. Accanto ad altre 2.000, il dato è dell'Unione Inquilini di Roma e Lazio, che hanno uno sfratto esecutivo.
Nella capitale, infatti, si viaggia sulla media di 9 famiglie sfrattate al giorno e un totale di 11.947 provvedimenti esecutivi eseguiti negli ultimi cinque anni con la forza pubblica. Fa effetto conoscere il numero di appartamenti sfitti nella Capitale: 200.000 secondo l'Istat, 150.000, nel 2005, secondo il Comune. «Dato - spiega tuttavia Massimo Pasquini, segretario dell'Unione Inquilini di Roma e Lazio - che deve essere depurato delle seconde case, dell'appartamento occupato con contratti in nero, di quelli di rappresentanza o similari. Quindi, a mio dire, le case realmente sottratte al mercato sono circa 60.000, comunque sufficienti ad affrontare la precarietà abitativa di molte famiglie romane». Ma come si è arrivati ad una simile emergenza? È ancora Pasquini a dirlo: «Dal 2003 in poi Roma ha visto la vendita di circa 70.000 alloggi da parte di enti previdenziali pubblici, di enti privatizzati, società bancarie e assicurative che hanno fatto venire meno un polmone importante di alloggi a canone di legge.
Per esempio la vendita degli alloggi di enti previdenziali pubblici ha significato, per Roma, averne 800 in meno all'anno disponibili per l'affitto a sfrattati». Il mercato immobiliare non ha contenuto il problema: Roma è al primo posto in Italia per il caro affitti con canoni mensili (dati Nomisma) raddoppiati dal 2000 a oggi mentre le domande per il Fondo di sostegno all'affitto hanno superato quota 23mila, di cui meno della metà vengono soddisfatte. Capitolo istituzioni. Quello che è stato fatti in questi anni, purtroppo, assomiglia di più ad una goccia nel mare. Si sono firmati accordi tra Comune e Regione perché i privati cedano al Comune i propri alloggi, sono state consegnate case popolari (poche rispetto alle reali esigenze), è stato varato un piano casa (20.000 nuovi alloggi in più), e sono stati fissati nuovi criteri, non ancora in vigore, per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Con la nuova delibera, in pratica, le graduatorie verranno stipulate tenendo conto di tutte le situazioni di disagio (e non solo di chi aveva uno sfratto esecutivo), come il reddito, l'età, l'eventuale disabilità, il numero delle persone in famiglia. Entro il 2009 potranno così essere assegnati altri 3.778 alloggi popolari. Numeri ancora una volta ben al di sotto delle reali necessità.
L’INTERVISTA
Antoniozzi: "Adesso serve un piano Marshall per risolvere l'emergenza abitativa"
«La Capitale ha bisogno di un vero e proprio Piano Marshall per risolvere l'emergenza abitativa».
di Daniele Di Mario
È netto l'assessore capitolino al Patrimonio e alla Casa Alfredo Antoniozzi nel tratteggiare una rivoluzione copernicana nella gestione del piano-casa e nel condannare gli ultimi dieci anni di amministrazione comunale, rei «di non aver predisposto alcun programma per rispondere in maniera efficace». E se da un lato Antoniozzi afferma di voler superare l'attuale sistema di edilizia pubblica, dall'altro si dice convinto della necessità di stipulare un nuovo «patto sociale» con istituzioni, associazioni, imprenditori e istituti di credito per sviluppare e incentivare lo strumento dell'«housing sociale».
Assessore, nella Capitale sono trentamila le famiglie in graduatoria in attesa di un alloggio popolare. Come risolvere l'emergenza?
«Negli ultimi dieci anni l'amministrazione di centrosinistra non ha saputo dare alcuna risposta dal punto di vista dell'emergenza abitativa, è mancata una programmazione a 360°. La Capitale si è impoverita di almeno centomila cittadini che sono emigrati in provincia. È un dato drammatico. L'ultimo Prg non ha dato risposte adeguate. Questo per Roma è un momento cruciale. La politica dei buoni casa non basta più. Il presidente del Consiglio Berlusconi e il sindaco Alemanno lo hanno capito e metteranno subito in atto una serie di iniziative per dare una svolta alla politica abitativa del Paese e della Capitale. A Roma occorre un Piano Marshall per la casa, una seria politica di housing sociale per dare alloggi sostenibili a 400-500 euro di affitto mensile al ceto medio, quello maggiormente colpito dalla crisi economica».
In cosa consiste questo «housing sociale»?
«Presto presenterò una proposta in Giunta per abbattere il costo degli alloggi. L'acquisizione del terreno incide del 30% sulla costruzione di un immobile: cercheremo di mettere a disposizione terreni comunali e demaniali (previo accordo col governo) per tagliare questo costo. Inoltre, stiamo lavorando alla creazione di un fondo sociale al quale parteciperanno istituzioni, cooperative, associazioni per creare una base economica per edificare case a basso prezzo. Anche le banche dovranno fare la propria parte, concedendo mutui a tassi al di sotto dell'Euribor o, comunque, non superiori. Infine lavoreremo sull'elemento fiscale, concedendo agevolazioni. Si tratta di una rivoluzione copernicana nel campo dell'edilizia sociale».
Avete già individuato le aree?
«Ci stiamo lavorando. Inizieremo dagli standard urbanistici per poi arrivare ai terreni comunali e demaniali».
Per quanto riguarda l'edilizia popolare?
«Chi è in graduatoria avrà diritto alle case popolari. Ma noi dobbiamo preoccuparci anche di chi non è in graduatoria: delle giovani coppie, delle famiglie, del ceto medio-basso. Si tratta di sostituire l'edilizia popolare con quella sociale. A Milano si sono ottenuti in questo modo buoni risultati, a Roma faremo un'operazione in grande stile. Presto incontrerò Acer e Federlazio. Il sindaco Alemanno punta molto su questo progetto».
Le ultime case popolari consegnate sono quelle di Ponte di Nona, molto belle e realizzate dall'architetto Paolo Portoghesi. Il Comune continuerà ad affidarsi a grandi «griffe»?
«Ho enorme stima e rispetto per Portoghesi, ma credo che a Roma ci siano tantissimi giovani architetti molto bravi e in grado di progettare immobili di prestigio. Così come ce ne sono di bravissimi che lavorano in Comune. È giusto dare un'opportunità a giovani in gamba e che, oltretutto, pretendono meno soldi».
Nella Capitale sono 200 mila gli alloggi sfitti e nel 2007 sono stati 1.767 gli sfratti eseguiti con la forza pubblica, l'80% dei quali per morosità.
«Bisogna chiedersi il perché. La verità è che i proprietari hanno perso fiducia: affittare oggi spesso vuol dire perdere di fatto la proprietà della casa o essere costretti a lunghe procedure per rientrarne in possesso se il locatario non paga. Serve una soluzione che ridia fiducia ai proprietari e allo stesso tempo reimmetta nel mercato gli immobili sfitti: l'Ici può essere un valido strumento».
Una brutta abitudine è quella di occupare case.
«Abbiamo promesso sicurezza e legalità: non tollereremo più alcuna occupazione abusiva. Ma è altrettanto vero che se le occupazioni avvengono è perché in città esiste un disagio sociale che si tramuta in conflitto. Serve un punto di equilibrio: tolleranza zero verso chi occupa, ma allo stesso tempo una seria politica abitativa per dare risposte concrete alla gente».
Riscriverete da zero il Prg approvato da Veltroni?
«È prematuro parlarne. C'è un assessore che sta lavorando e sta studiando. Credo che dovremo metterci mano, ma apportando solo delle correzioni».