Cassa Ragionieri, riforma o commissariamento
Lavoro e Professioni
“TRA SUBIRE E SCEGLIERE -DICE IL PRESIDENTE SALTARELLI - IO PREFERISCO SCEGLIERE” LE REGOLE DELLA FORNERO? “SONO RIGIDE MA LE TROVO COMUNQUE NECESSARIE OLTRE CHE GIUSTE”
Catia Barone
Milano I l termine del 30 settembre non è stato rispettato ed ora, nei corridoi della Cassa di previdenza dei ragionieri, la tensione si taglia a fette. Entro quella data l'istituto avrebbe infatti dovuto approvare una riforma interna per dimostrare al ministero del Lavoro di avere risorse adeguate a sostenere i bilanci dei prossimi 50 anni. Durante l'assemblea una cinquantina di delegati ha invece abbandonato l'aula, impedendo di raggiungere il quorum per far passare le modifiche. Scelta che ha messo all'angolo il presidente della Cassa ed ha aperto uno spiraglio pericoloso per l'istituto: «La prossima votazione è prevista entro i primi 10 giorni di novembre nella speranza che prevalga il buon senso – spiega Paolo Saltarelli, presidente della Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri - Ma credo che l'ultima assemblea sia stata condizionata dalle imminenti elezioni del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Ho la sensazione che, più che pro o contro la riforma, certe valutazioni siano state fatte a seconda di chi era schierato con chi. Per andare comunque incontro ai nostri delegati il testo potrebbe subire piccole modifiche senza però stravolgere il piano precedente, mettendo magari in discussione la riduzione della adeguamento all’inflazione. Io sono ottimista per definizione, ma non mi sento di nascondere che il commissariamento possa essere dietro l'angolo. Motivo per cui l'assemblea di novembre è così importante. Siamo infatti ancora in tempo per negoziare.
E se mai dovesse arrivare il commissario, il rischio è di trovarci di fronte ad una riforma che ci piacerà ancora meno. Tra subire e scegliere, io preferisco scegliere, anche con il mal di pancia». Forse le misure chieste dal ministro Fornero sono troppo rigide? «Sono rigide, ma le trovo necessarie e giuste - sostiene il presidente della Cassa - Poi si può sempre discutere sulla questione che i 50 anni non tengono conto dei rendimenti del patrimonio, questo però è un altro discorso. Resta il fatto che obbligare il nostro sistema ad avere una certa stabilità va a favore dei giovani, decisione sulla quale non posso che essere d'accordo». Per la Cassa tutto si giocherà dunque nelle prossime settimane: «Ovviamente l’augurio è che l'istituto non sparisca. In realtà, il nostro vero problema – continua il presidente della Cassa di previdenza dei ragionieri – è sempre stato l'accesso demografico. Questo dipende dalla struttura dell’ordine professionale e dall’antica divisione tra dottori commercialisti e ragionieri. Sarebbe dunque opportuno arrivare ad una specializzazione delle due casse che oggi fanno riferimento a un ordine unico: cioè che la Cassa dei dottori commercialisti si occupi solo della previdenza dei dottori commercialisti e che la Cassa dei ragionieri si prenda carico dell'altra categoria che fa parte dell’Ordine, ovvero gli esperti contabili». Di rischio per l'Istituto ne parla anche Renzo Guffanti, Consigliere della Cassa dottori commercialisti e coordinatore della commissione attuariale: «Quanto successo in assemblea è piuttosto triste e pone l'istituto in una situazione di maggiore difficoltà. Da un lato, la necessità di prendere le misure proposte è conclamata, dall'altro la vicenda conferma quelle perplessità che noi in quanto Cassa di previdenza dei commercialisti avevamo già espresso anni fa, nel momento in cui abbiamo valutato una possibile fusione delle due Casse durante il passaggio al contributivo. Già allora si intravedevano le prime crepe. Negli anni duemila i due istituti non erano infatti omogenei né dal punto di vista patrimoniale né da quello demografico, e pensare un'unione era impossibile. Oggi il fatto che non abbiano approvato la riforma pone inevitabilmente la Cassa in una posizione di rischio sempre più elevata ». Resta una considerazione di fondo: «Il contributivo di per se non è una sufficiente garanzia di stabilità – continua Guffanti - proprio come dimostra la stessa la Cassa di previdenza dei ragionieri che ha fatto il passaggio 8 anni fa e che, nonostante questo, continua ad avere grosse difficoltà. Noi abbiamo un integrativo che genera entrate per 230-240 milioni di euro e prestazioni di pagamento per meno di 200 milioni. È evidente che c’è un margine che ci permette di respirare. La Cassa ragionieri raccoglie invece 130 milioni di euro di integrativo e paga circa 170-180 milioni di prestazioni. La differenza è evidente. In linea generale – conclude Consigliere della Cassa dottori commercialisti e coordinatore della commissione attuariale - tutti gli altri istituti, se forzati a passare al contributivo, in un situazione in cui l’integrativo non riesce a sostenere le prestazioni promesse, sono portati ad avere automaticamente problemi di squilibrio. Insomma, il contributivo non è una panacea, né un meccanismo infallibile». Nei grafici a sinistra, gli iscritti alle casse previdenziali dei dottori commercialisti e dei ragionieri
(22 ottobre 2012)