Diritto alla casa: il disagio abitativo è destinato a crescere
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Nel 2020 il disagio abitativo a Modena riguarderà circa 8mila famiglie, rispetto alle circa 6mila individuate nel 2010: il Comune lunedì discuterà del Psc per definire come provvederà al fabbisogno di case nel prossimo ventennio
di Maria Vittoria Boldi - 26 settembre 2012
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Modena non esploderà, questo pare di capirlo chiaramente. In parte per effetto della crisi, che rende la città meno attrattiva per gli immigrati, in parte perché i cittadini fanno meno figli, nel 2032 all'ombra della Ghirlandina non supereremo i 200mila abitanti. I dati sono stati diffusi dal Cresme, Centro ricerche economiche e sociali di mercato per l'edilizia e il territorio, che li ha presentati ieri in Comune alla presenza di Daniele Sitta, Assessore allo sviluppo economico, e Gabriele Giacobazzi, Assessore all'urbanistica.
DISAGIO ABITATIVO - Per effetto di questa crescita piuttosto lenta, aumenterà anche il fabbisogno abitativo dei modenesi, ma verosimilmente non si assisterà a picchi violenti: se il disagio abitativo nel 2010 ha coinvolto infatti circa 6mila famiglie, si stima che nel 2020 saranno circa 8mila i nuclei familiari interessati. La giunta, che si incontrerà lunedì per tracciare le prime linee del prossimo Piano Strutturale Comunale, promette di tenere conto di questi dati per definire come agirà per sopperire al futuro fabbisogno di case, tenendo anche conto di fattori come la dinamica delle famiglie anagrafiche (con il numero dei componenti che diminuisce), il rapporto tra famiglie e alloggi e una segmentazione della domanda che tiene conto di residenti e non residenti, della provenienza, delle fasce di età, dell'attività dei single (pensionati, studenti fuori sede).
RIQUALIFICARE - Giacobazzi ha spiegato che negli anni passati si è assistito a una realizzazione di circa 750 nuove abitazioni ogni anno, e che il futuro Psc intende non discostarsi molto da questo trend, anche se si tenterà di sfruttare il più possibile le strutture già esistenti, trasformando e riqualificando gli alloggi non in uso, e certamente riducendo le misure delle case: 1,3, 1,4 nuovi alloggi ogni per ogni vecchio alloggio. Si stima infatti che circa il 16% del patrimonio immobiliare cittadino sia non utilizzato, in parte perché abitate da non residenti, in parte perché in vendita o in attesa di essere affittate o ristrutturate.
EDILIZIA SOCIALE - Ma non ci sarà solo questo, nel Piano Strutturale. Come ha evidenziato la ricerca del Cresme, grande parte degli sforzi dell'Amministrazione dovranno essere indirizzati alla realizzazione di case popolari, dal momento che le famiglie con situazioni a forte rischio abitativo sono destinate a crescere di 2mila unità nei prossimi 8 anni. Già oggi le problematiche sono le più varie: si va dai nuclei senza abitazione o in sistemazione precaria (circa 400 le unità del 2010, saranno 465 nel 2020) alle famiglie che soffrono un gravissimo disagio economico nel far fronte ai canoni d'affitto (da 1.400 a oltre 1.500 nel 2020), dai nuclei in cui il canone pesa eccessivamente sul budget familiare (da 3.400 a circa 3.600 nel 2020) alle famiglie di nuova formazione (200 giovani coppie che attualmente cercano risposta abitativa fuori città, saranno oltre 650 nel 2020), fino alle famiglie in forte disagio per far fronte alla rata del mutuo (450 nel 2010, quasi 500 nel 2020), agli studenti e ai lavoratori fuori sede.Per queste ragioni Giacobazzi ha promesso che la metà degli interventi del Psc saranno destinati a opere di edilizia sociale.
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