Il bollettino di guerra degli sfratti duemila all'anno non riescono a pagare

Bologna -

 

Repubblica Bologna

Sempre più inquilini non riescono a pagare l'affitto. E sempre più spesso i proprietari chiedono di stracciare il contratto di locazione. Una vera emergenza, aggravata dalla crisi economica. E le istituzioni corrono ai ripari

Il bollettino di guerra degli sfratti duemila all'anno non riescono a pagare

 

 

 

E' una vera emergenza, quella degli sfratti per morosità a Bologna e provincia. Ci sono stati in circa un anno oltre duemila proprietari che hanno chiesto al Tribunale di convalidare lo sfratto per la morosità dell’inquilino. Una volta, nel contratto sempre in tensione tra inquilino e proprietario, il problema era più dalla parte del proprietario, fondamentalmente perché voleva liberare la casa per usarla. Oggi il problema è più dalla parte dell’inquilino, che non ce la fa più a pagare il canone per l’aumento delle difficoltà economiche (e gli affitti alti). Tutte le cause di sfratto oggi sono discusse in un’unica udienza, ogni lunedì. Fu un’idea del giudice Pasquale Liccardo quella di accorpare tutti i fascicoli sparsi per i vari giudici in una megaudienza che offrisse anche una percezione più chiara del fenomeno: ed è qui, adesso, che si tocca con mano la situazione critica degli sfratti per morosità, ormai diventati la stragrande maggioranza. Lunedì scorso l’udienza, con comprensione delle difficoltà e competenza, l’ha condotta Elisabetta Candidi Tommasi, presidente facente funzioni della seconda sezione civile, quella che si occupa di contratti. Dà le

 

cifre ufficiali dell’emergenza che non dà cenno di regredire. Dal 29 settembre del 2011 al 6 agosto di quest’anno le giornate di udienza dedicate agli sfratti sono state 49, e 2.975 i fascicoli esaminati, grazie anche all’aiuto di due impiegate del Comune prestate al Tribunale. Le richieste di convalida di sfratto abitativo per morosità sono state 2.108 (il 70% del totale), alle quali va aggiunta una quota di circa il 20% riguardante morosità delle attività commerciali e artigianali, mentre il restante 10% sono i casi di finita locazione. Nel numero dei 2.108 sfratti per mancato rispetto dei termini di pagamento, si inserisce il protocollo prefettizio in vigore da due anni. Concepito per permettere di superare la difficoltà momentanea di pagare l’affitto a causa di una perdita del lavoro o della cassa integrazione in seguito all’aggravarsi della crisi, consente di accedere ad alcune agevolazioni. E mentre l’avvio non è stato brillante (zero richieste di ammissione al protocollo), dal settembre 2011 all’agosto scorso sono stati accolti 66 casi di risoluzione delle vertenze su 93 istanze e su una platea di 1.417 inquilini in possesso dei requisiti. Troppo poco? Non per il giudice Candidi Tommasi, che ha fiducia in un aumento dei numeri coi dovuti miglioramenti da introdurre. Un altro ostacolo dipende dal fatto che non sono molti gli sfrattati a presentarsi in udienza (spesso è di freno il costo dell’avvocato), condizione di base per essere ammessi alle agevolazioni. Proprio oggi, in Prefettura, si riunisce il tavolo del protocollo d’intesa promosso dalla stessa Prefettura su input anche del Tribunale, per allargare le condizioni di accesso. Per fare l’accordo, fino ad oggi, bisogna non superare 8000 euro di debito e aver perduto il lavoro. In tal caso il 20% del debito lo rimette lo stesso proprietario e per il resto si fa a metà tra il contributo del fondo gestito dalla Provincia e un prestito garantito. Oggi in Prefettura si discuterà con giudici,  associazione di inquilini, Comune, Provincia e fondazioni bancarie, di un nuovo accordo che girerà attorno a un aumento della quota a carico della Provincia e alla possibilità di utilizzare il protocollo anche per altre fasce deboli, come pensionati o separati. Il fondo è stato finora finanziato con 400 mila euro della Regione e 500 mila come fondo di garanzia delle fondazioni. (l. sp.)

(26 settembre 2012)

 

 

IL RACCONTO

Quei morosi "normali"
in fila in Tribunale

Operai, artigiani, pensionati. Italiani e stranieri. Tutti costretti a presentarsi dal giudice perché non hanno più soldi per pagare l'affitto. Ogni lunedì è la stessa storia

DI LUIGI SPEZIA

Quei morosi "normali" in fila in Tribunale La sede del Tribunale

 

 

 

Lunedì 17 settembre: 106 sfratti, di cui 42 per stranieri, 21 per negozi e imprese. Lunedì 24 settembre: 115 sfratti, di cui 40 per stranieri e 20 per negozi e imprese. Sono le cifre del dramma degli inquilini non più in grado più di pagare sotto i colpi della crisi, che si leggono scorrendo gli avvisi appiccicati alla vetrata della sala delle Colonne, “aula magna” del Tribunale. Qui ogni lunedì va in scena la megaudienza delle rotture dei contratti tra proprietari e inquilini. «Sono udienze tristi», sussurra un artigiano. Lo sono anche per il pensionato o la cuoca, costretta a portare nella sala delle Colonne la figlia di due anni. Italiani e stranieri, sfilano e sfidano ogni lunedì un comune destino. «Ho tutta la mia casa chiusa in un box, per il quale pago un affitto di 160 euro al mese. Dormo in macchina perché non voglio andare dalla suocera dove si è rifugiata mia moglie. Non voglio per principio e per rabbia». Faceva il marmista fino a dicembre, Antonio, in aula con la moglie Laila che gli poggia la testa sulla spalla. Ha 47 anni e da allora, da quando ha chiuso l’attività per la crisi del settore, non è riuscito a trovare nessun altro lavoro, nemmeno a Carrara o a Verona, patrie del marmo: «C’è crisi dappertutto». La casa non ha più potuto pagarla da un anno e in questo lunedì 24 settembre è qui per firmare l’accordo di “rilascio certo”: il proprietario non chiede gli arretrati, gli

 

inquilini lasciano la casa subito. Willi è un pensionato a 600 euro al mese e altrettanti ha da pagarne per l’affitto. Diciamo che va pari. Ha tremila euro di debito per il canone in via Bergamini alla Barca. «Con me viveva mio figlio e mi aiutava, ma ora è andato a vivere con la sua compagna e ha già i suoi problemi. Divido l’appartamento con un cugino, che ha perduto il lavoro. Avremmo potuto accettare le condizioni del protocollo se fosse stato licenziato, ma lavorava in nero. Spero che mi diano una proroga fino a novembre, mi devono arrivare dei soldi. Poi voglio andare a parlare con l’assessore alla casa Riccardo Malagoli, che conosco da anni». Speranze. Dal giudice Elisabetta Candidi Tommasi, Willi ha ottenuto una proroga fino al 5 novembre: «Spero che basti, io l’accordo lo vorrei fare».Una donna congolese, Edith, si presenta al giudice senza avvocato, figurarsi se può permetterselo. E’ rifugiata politica, non ha più notizie del marito in Congo. «Fino all’anno scorso - racconta - tutto filava liscio, vivevo da sola e potevo pagarmi l’affitto da 750 euro al mese a Casalecchio. 1200 euro al mese per lavorare in una casa di riposo mi bastavano. Oggi no, mi hanno raggiunto i miei tre figli, che hanno dai 6 agli 11 anni. Non pago più l’affitto da quasi un anno. Il protocollo? Non potrei pagare anche un prestito oltre all’affitto». Un’altra straniera, nigeriana, si aggira per i corridoi del primo piano del Tribunale. Alza le maniche della maglia per far vedere i segni delle ustioni che si è procurata ai fornelli delle trattorie bolognesi in nove anni di lavoro. Ora è disperata: «Due anni fa mi hanno messo in cassa integrazione e da gennaio non ho più il lavoro». Il marito ha la bimba in braccio che piange: «Scusi, dobbiamo andare a darle da mangiare». Una nigeriana di 34 anni vive con il marito di 38 vicino all’ospedale Maggiore. Hanno perso il lavoro entrambi. «Ero alla Manutencoop fino a otto mesi fa. Ho perso il contratto dopo 12 anni. Mio marito l’hanno licenziato un anno fa, come facchino. Mi hanno consigliato di rivolgermi alle assistenti sociali e al settore casa del Comune. Ho vissuto 9 anni in quella casa e ho sempre pagato». Per mano ha il figlio di sei anni, anche lui costretto a partecipare alla triste udienza.

(26 settembre 2012)