Report riunione "Abitarenellacrisi" - Firenze - 25 marzo 2012

Firenze -

Città presenti: Firenze, Torino, Milano, Bologna, Livorno, Roma.

 Decisamente interessante questa ripartenza dopo parecchio tempo trascorso dall’ultima occasione d’incontro con caratteristiche nazionali. Nei vari interventi si è colta una nuova e interessante voglia di rimettersi in movimento mettendo al centro diritto all’abitare, precarietà e crisi. Chiaramente alcune specificità fortemente connotate intorno al diritto alla casa sono state maggiormente approfondite, ma nessun* ha mai perso di vista la cornice generale in cui ci si muove. Per cui sfratti e crisi sono strettamente correlati e la necessità di costruire un immaginario che non sia costellato di sole case popolari è decisamente ricercato. Così come viene affrontata dentro la ricerca di un nuovo salto di qualità il conflitto per ottenere le risposte sociali ad una proposta generale di lotta dentro la crisi. Così come si  vuole anche rompere con schemi ideologici o semplicemente sindacali su temi come le tariffe, il lavoro, il salario, la circolazione delle merci.

Da qui discende la necessità di convocare un INCONTRO NAZIONALE che si propone per il 27 maggio a Roma e che sia in grado di dare parola alle tante “precarietà abitative” disseminate sul territorio nazionale. Avendo constato che dall’ultima volta che ci siamo vist* “c’è cascato il mondo addosso”, per usare un’espressione di Lorenzo del movimento di lotta per la casa di Firenze, e che questa realtà la registriamo quotidianamente dentro gli sportelli nelle varie città, come verifichiamo l’accresciuto meccanismo repressivo che mira ad una forte limitazione della nostra capacità di nuocere, appare utile non farci chiudere ad un angolo ma rilanciare subito con l’autorevolezza necessaria il conflitto che serve.

Si è sottolineata più volte la consapevolezza che il portato dei movimenti per il diritto all’abitare è davvero notevole, avendo mostrato una conflittualità “oggettiva” laddove afferma un’idea diversa di città e dei territori, basata sul riuso e non sul consumo di suolo, sulla solidarietà meticcia e non sull’egoismo sociale, sulla difesa dei beni comuni e non sul saccheggio e la vendita del patrimonio pubblico, sulla casa come valore d’uso e non come merce.

I dati sull’emergenza abitativa sono decisamente comuni sia per quanto riguarda gli sfratti che l’insolvenza nei mutui, solo Roma mostra caratteristiche diverse soprattutto per la grande presenza di edifici degli enti privatizzati in vendita e con un inquilinato che si credeva garantito e che oggi è con l’acqua alla gola tra dismissioni e caro affitti. Le disponibilità delle amministrazioni locali sono decisamente inadeguate rispetto alle necessità corrispondenti all’emergenza abitativa diffusa. Oltre questo nelle città si moltiplicano ghetti e precarietà, degrado e speculazione, criminalità e ricatto sociale, con i sindaci che invocano legalità, minacciano sgomberi, tagliano welfare e favoriscono i piani di valorizzazione da appaltare alla rendita. Il ruolo dei movimenti per il diritto all’abitare appare centrale nell’intervenire su “cosa diventano le città” dentro un modello di sviluppo capitalista e neo liberista. Le occupazioni abitative e sociali, le resistenze diffuse costruiscono invece autogestione, autorecupero, autorganizzazione.

Sostanzialmente non ci si occupa solo di blocco degli sfratti o di sanatoria, ma si sostiene con forza che “i territori sono di chi li vive” e solo non mollando gli spazi e alimentando indipendenza e organizzazione autonoma, i movimenti possono realmente rispedire al mittente debito e crisi.

Interessante anche l’esperienza che in Lombardia ha messo in rete Milano, Bergamo e Brescia su alcune parole comuni: requisire e  occupare le case delle banche, fermare le nuove costruzioni, usare il patrimonio pubblico disponibile e vuoto, tassare i privati che tengono gli alloggi sfitti, bloccare i pignoramenti, riappropriarsi del reddito, esigere le risorse pubbliche necessarie. Con queste parole comuni si propone di attraversare il corteo del 31 marzo a Milano indetto da occupypiazzaffari con uno spezzone sociale caratterizzato fortemente dal tema del diritto all’abitare. Sta girando un appello su questa proposta, declinata su 5 punti.

Le notizie che ci ha portato Livorno hanno suscitato piacere e anche un po’ d’invidia per i 2600 m2 di un ex caserma ora occupata. Anche qui il “riprendiamoci quello che è nostro” muove le mosse di questa esperienza toscana. Interessante anche il lavoro sugli sfratti, ai quali si risponde occupando spazi pubblici con i comitati antisfratto. Anche a Livorno come altrove la morosità sta interessando il 90% per cento di casi di sfratto, mentre i sindaci brillano per l’assenza e sindacati degli inquilini spesso sono complici.  Intanto il Demanio svende invece di dirottare il patrimonio verso i bisogni e le necessità sociali. Bene quindi fa chi si riappropria di edifici e aree inutilizzati/e.

Anche Torino ci porta buone notizie, nell’ultimo anno 4 occupazioni, mentre il Comune affronta i 3000 sfratti l’anno con 200 alloggi popolari. Effervescenza anche nel resto del Piemonte, Asti Alessandria e Vercelli sono impegnate come altre esperienze nel contrasto della rendita e della speculazione, favorite fortemente dalla giunta regionale leghista. È chiaro che dentro il territorio piemontese queste lotte parlano lo stesso linguaggio dei NOTAV e dei valsusini impegnati per affermare sovranità popolare nei luoghi che abitiamo.

Lo scambio di esperienze nel percorso di “Abitarenellacrisi” ci dice come non fermarci e come fare tesoro di questa riflessione aperta e della trasversalità usata utilmente in questi anni. Temi cardine per un tessuto sociale ampio e meticcio devono attraversare la costruzione del prossimo incontro nazionale proposto per il 27 maggio dove devono intrecciarsi non gli slogan ma le nostre esistenze precarie, dove la casa è dentro un quadro generale di welfare negato e di diritti compressi. Sapendo che “nessuno può far da solo”, Abitarenellacrisi può ripartire e funzionare da collante, producendo nuova creatività e nuove competenze, con modalità che suscitino curiosità comuni e sperimentazioni pratiche.

Si è molto insistito sull’insufficienza di un’ottica solo vertenziale e sulla necessità di un immaginario collettivo e di lotta, provare cioè a coltivare la possibilità di “riconoscersi come corpo unico” in grado di vincere.

Operativamente si è deciso di lavorare nuovamente sul sito, dandoci strumentazioni nuove da definire in un workshop che valga anche tappa intermedia verso l’incontro nazionale del 27 maggio.

 26 marzo 2012