SGOMBERO OSPEDALE SAN GIACOMO: RASSEGNA STAMPA
Il Manifesto
ROMA Blitz al S.Giacomo. Ferito paziente
E la polizia carica nell'ospedale occupato
di Andrea Gangemi
ROMA - «Vergogna, vergogna». La polizia ha appena caricato e ci sono tre pazienti feriti. Per il San Giacomo, storico ospedale nel cuore di Roma, ieri è stato l'ultimo giorno prima della prevista chiusura. Gli ultimi ricoverati, trasferiti dalle ambulanze, hanno lasciato una struttura presidiata. Alcuni hanno fronteggiato il cordone di agenti in assetto anti-sommossa che sbarra il portone d'ingresso insieme agli infermieri e agli altri manifestanti.
Per protestare «contro il taglio dei posti letto e la chiusura degli ospedali pubblici» e per chiedere un utilizzo sociale dell'immobile, è scattata verso mezzogiorno un'occupazione-lampo da parte di duecento militanti di tre associazioni di lotta per la casa (Action, i Blocchi precari metropolitani e la Rete cittadina per il diritto all'abitare), insieme a Rdb-Cub Sanità, Asia RdB e ai lavoratori della struttura. Ma non è stata possibile «nessuna trattativa», racconta un manifestante. Sono passati solo pochi minuti: «Non si sono neppure schierati, sono entrati e hanno incominciato a menare, con dentro donne e bambini». Nel fuggi fuggi generale, un anziano è caduto e si è fratturato il femore, un altro uomo è stato centrato da un motorino di passaggio e si è rotto un omero, mentre una anziana è svenuta ferendosi un ginocchio. Tutti e tre si trovavano nell'ambulatorio per delle analisi.
Dopo le cariche subite nel cortile, dove i manifestanti avevano srotolato uno striscione dei Blocchi precari con la scritta «No alla città merce, San Giacomo bene comune», quelli rimasti dentro hanno riparato nell'ex reparto di medicina e breve degenza al terzo piano dell'edificio, insieme al primario e alla guardia medica. Dove sono stati braccati e identificati da una quarantina di agenti. Fuori la tensione non si smorzava e tra gli slogan risuonava anche quello dell'Onda: «Noi la crisi non la paghiamo». Tra i primi a uscire dal portone c'è stato Andrea «Tarzan» Alzetta, membro di Action e consigliere comunale indipendente di Sinistra Arcobaleno. «I lavoratori del San Giacomo hanno chiesto di sospendere almeno per tre giorni le procedure di chiusura - ha detto - siamo intervenuti questa mattina come "custodi giudiziari" di un bene pubblico. Qui ci sono servizi di eccellenza, macchinari ancora nuovi: non si capisce perché - ha aggiunto "Tarzan" - sono stati spesi tanti milioni per ristrutturarlo, se poi lo si vuole chiudere». Sull'intervento delle forze dell'ordine Alzetta ha detto che «l'ordine è arrivato dal consiglio dei ministri».
Poi al terzo piano è salito anche l'assessore regionale al bilancio Luigi Nieri: ha portato la proposta di legge votata proprio ieri mattina dalla Giunta regionale, che sancisce «permanentemente» l'uso pubblico» del San Giacomo; presto, assicura, all'esame del consiglio regionale per l'ok definitivo. Nieri ha organizzato anche un incontro in Regione con i comitati a cui sarà presente - promette - anche il presidente Piero Marrazzo.
Verso le due la situazione si sblocca, ma più tardi arriva la smentita di Asia Rdb: «L'assessore Nieri ha comunicato la propria disponibilità e quella del vicepresidente della Regione Lazio Esterino Montino a incontrare una delegazione di lavoratori e dei movimenti per il diritto all'abitare, che avevano invece chiesto di parlare con il presidente Marrazzo. Reputando insufficiente - si legge in una nota - la rappresentatività regionale, la rete cittadina per il diritto all'abitare insieme al comitato "Salviamo il San Giacomo" ha deciso di non partecipare all'incontro». «Evidentemente questa mattina abbiamo toccato qualcosa di importante per la speculazione», aggiunge Paolo Di Vetta dei Blocchi precari.
Di sera i dipendenti e pazienti annunciano che non se ne andranno quando, forse già alle 20, l'ospedale chiuderà i battenti. Sono radunati attorno ad un tavolo, allestito nella sala d'aspetto del Pronto soccorso per mangiare pizza e panini. È stato distribuito un volantino che che termina con la frase: «Vegliano sulla salma con molto dolore il personale tutto, i pazienti e i cittadini del centro storico».
Liberazione
Voleva essere un'occupazione dimostrativa quella dell'ospedale San Giacomo...
di Daniele Nalbone
Voleva essere un'occupazione dimostrativa quella dell'ospedale San Giacomo di Roma messa in atto ieri dalla rete cittadina per il diritto all'abitare. Si è tramutata in un'azione repressiva da parte delle forze dell'ordine che hanno trasformato dei problemi sociali come quello della sanità e dell'emergenza abitativa in una questione di ordine pubblico.
Erano le 11 quando i blocchi precari metropolitani, Action e AS.I.A. RdB entravano nell'ormai ex ospedale, che in quei momenti viveva le ultime ore della sua vita come presidio sanitario: a mezzanotte infatti sono stati chiusi i battenti del nosocomio come previsto dal piano di rientro sanitario della Regione Lazio.
Si stava preparando un'assemblea pubblica per spiegare ai pazienti e ai lavoratori della struttura il senso dell'azione dimostrativa e di lì a poco si sarebbe svolta una conferenza stampa, ma non c'è stato neppure il tempo di attaccare gli striscioni e prendere i megafoni che una cinquantina fra poliziotti, carabinieri e guardia di finanza in tenuta antisommossa faceva irruzione nella struttura caricando indistintamente dimostranti, pazienti e lavoratori. Dieci minuti di panico conclusi con quattro feriti tra cui una donna «che era entrata nell'ospedale per fare terapia oncologica - spiega il dottor Occhigrossi, delegato sindacale Fials e presidente del comitato "Salviamo il San Giacomo" - ed è uscita in ambulanza con la rotula rotta a causa delle cariche della polizia». Due giovani manifestanti sono dovuti ricorrere alle cure del personale sanitario per contusioni provocate da calci sulle gambe da parte degli agenti: «Neanche in Cile sotto Pinochet o durante il Ventennio fascista si sono mai viste le forze dell'ordine cariare a colpi di manganello dei cittadini all'interno di un ospedale» afferma incredulo il dottor Calligaris, anche lui delegato Fials. Donna Oliva, erede del cardinale Antonio Maria Salviati, trattenendo a stento le lacrime, ci racconta che lei si trovava in un ufficio al terzo piano dell'ospedale quando «mi sono affacciata alla finestra e ho visto dall'alto gli occupanti parlare tranquillamente con i lavoratori e i pazienti all'interno del cortile. Ho sceso le scale e ho trovato un vero e proprio muro composto dalle forze dell'ordine che improvvisamente hanno iniziato a travolgere e picchiare chiunque: addirittura hanno trascinato un bambino in carrozzina che, nella ressa, era stato strappato dalle braccia dei genitori. Alle mie proteste sul loro comportamento gli agenti mi hanno risposto che avevano ricevuto notizia via radio che i centri sociali erano entrati nell'ospedale e avevano spaccato tutto, altrimenti non avrebbero mai fatto una cosa simile». Ma non era così: «eravamo qui per iniziare una "custodia" sociale del bene pubblico San Giacomo per sottrarlo a eventuali fini speculativi e per sostenere un processo partecipato con lavoratori e degenti che ne definisca lo scopo pubblico finale e invece siamo stati attaccati dalle forze dell'ordine» spiega Paolo Di Vetta di Asia-RdB.
Solo dopo l'arrivo dell'assessore regionale al Bilancio, Luigi Nieri e una serrata trattativa fra i movimenti, i vertici della Digos e Michele La Ratta, direttore del commissariato Trevi, si è giunti a una soluzione. «Proprio stamattina - ha spiegato l'assessore - la giunta della Regione Lazio ha approvato una legge che assicura la destinazione a uso pubblico dei locali dell'Ospedale San Giacomo». Sono le 15 quando circa 150 manifestanti escono dall'ospedale rassicurati sul futuro della struttura. «La nostra è stata un'iniziativa contro la macelleria sociale operata da Marrazzo e Berlusconi» ha spiegato al termine dell'occupazione Teresa Pascucci di RdB-Cub Sanità «contro il taglio dei posti letto e la chiusura degli ospedali. Contro chi vuole regalare alla sanità privata il servizio sanitario pubblico».
L'Unità
San Giacomo, l’ultimo giorno arrivano i senza casa
Gli occupanti hanno urlato insulti al sindaco Alemanno, lo slogan dell’Onda «Noi la crisi non la paghiamo» e «No alla svendita della sanità pubblica». Poi corteo fino a piazza del Popolo.
di GIOIA SALVATORI
Roma - I manifestanti hanno urlato la loro rabbia con tutto il fiato che avevano in gola in faccia ai finanzieri che, schierati in forza, chiudevano l'ingresso di via Canova dell'ospedale San Giacomo. Occupato ieri, nel suo ultimo giorno di vita prima della chiusura, da circa 200 senza casa e precari appartenenti ai movimenti di lotta per la casa Asia Rdb, Blocco precario metropolitano e Action. Hanno fatto irruzione nell'edificio per dire no alla chiusura di un servizio pubblico, urlare che a Roma c'è il problema della casa e che ciò che è pubblico deve rimanere tale. Occupazione lampo, iniziata alle 11.30 e finita alle 14, risolta presto da Carabinieri, polizia e finanzieri arrivati con blindati e in tenuta antisommossa, al nosocomio romano per sgomberarlo. Gli agenti sono entrati dall'ingresso di via Ripetta pochi minuti dopo l'occupazione. Nel cortile sono stati attimi di tensione con i manifestanti, una carica di alleggerimento, parapiglia, qualche manganellata e spinte. Nel corri corri generale, stando a quanto raccontato da operatori di pronto soccorso, 3 manifestanti sono rimasti feriti. Una di loro, portata al Santo Spirito in ambulanza per una caduta a terra, se l'è cavata con 60 giorni di prognosi, altri due manifestanti, un ragazzo e una ragazza, sono stati curati direttamente al San Giacomo per contusioni alle gambe. Lei ha una borsa di ghiaccio sullo stinco, ma continua a manifestare. Durante l'occupazione, poi, due anziani sono stati portati via dal 118, uno investito da un motorino appena uscito dal nosocomio e un altro caduto, non si capisce se perché spintonato né da chi, mentre era in fila per le analisi. Entrambi sono finiti al Santo Spirito il primo con sospetta frattura della spalla l’altro con sospetta frattura del femore. Lo sgombero del terzo piano, infece, dove i manifestanti si erano arroccati, è finito senza tensioni: «Abbiamo occupato simbolicamente, non ci interessa resistere alla polizia» - racconta una donna mentre, alle 13, in attesa che tutti escano dal nosocomio, qualche ragazzo dei centri sociali, soprattutto ex Horus, bivacca con birra e panini su un automobile. A mediare ci ha pensato l'assessore regionale Prc Luigi Nieri. Arrivato con una proposta di legge appena votata dalla giunta che dice che il San Giacomo sarà «permanentemente» a destinazione pubblica. «Un problema sociale, quello della casa, non si deve trasformare in un problema di ordine pubblico» - dice. Poi spiega ai manifestanti dal megafono la pdl di giunta ma per lui sono fischi e «Buffone buffone». Alzetta detto Tarzan, consigliere comunale indipendente di Rifondazione, introduce Nieri alla platea e allo stesso tempo parla dal megafono contro il piano di rientro sanitario e la chiusura di un ospedale «Su cui tanto si è investito in ristrutturazioni». A fine occupazione corteo spontaneo fino a piazza del Popolo. Sono gli stessi che la scorsa settimana hanno sfilato contro la chiusura del centro sociale Horus. «Terremo alta la guardia sul problema spazi pubblici e casa per dire al sindaco Alemanno che non si possono fare varianti di prg per far guadagnare i costruttori e costruire sull’agro romano case da affittare a 500 euro al mese: quello è housing sociale,le case popolari, quelle per chi non può permettersi nemmeno 500 euro al mese d'affitto, sono un'altra cosa»- dice Angelo Fascetti di Asia Rdb. Poi è ancora mediazione e i manifestanti sono invitati in Regione per un incontro con Nieri e Montino. Non ci va nessuno: né il Comitato Salviamo il San Giacomo, né i movimenti per la casa. Loro vogliono un incontro col presidente Marrazzo.
La Repubblica
San Giacomo, scontri e drammi la polizia sgombera i senza-casa
Ultimo giorno, è occupazione. Feriti cinque pazienti
di VALERIA FORGNONE CARLO PICOZZA
Roma - Un finale tra scontri e drammi. Dopo sette secoli di assistenza, il San Giacomo ha chiuso nel peggiore dei modi. Con scene alle quali nessuno avrebbe voluto assistere. Prima un´occupazione lampo da parte della "Rete cittadina per il diritto all´abitare" (Action, Blocchi precari metropolitani, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, Asia-Rdb). Poi il blitz delle forze dell´ordine che hanno fatto irruzione dalle vie Canova e Ripetta: strattonate, tafferugli. E manganellate. Paura e tanta indignazione.
«Vergogna, vergogna», urlavano i senzatetto e i sanitari, uniti in quest´ultima battaglia dopo la raccolta di 60 mila firme, i sit-in, i blocchi stradali, le denunce alla Procura di Italia Nostra, il ricorso al Tar della Fials, gli scioperi della fame. Doveva essere una mattinata tranquilla, nonostante la mestizia generale. «E a te dove ti hanno trasferito?», il refrain sulla bocca di tutti, prima di perdersi.
Sono le 11.30 quando il cortile viene invaso da oltre duecento tra senzatetto (immigrati, italiani) e militanti dei movimenti antagonisti. «Siamo qui per sostenere la battaglia di sanitari, pazienti e cittadini contro la chiusura dell´ospedale», spiegano Nunzio D´Erme (Action) e Andrea Alzetta, consigliere comunale. «Con noi», urla Paolo di Vetta dei Blocchi precari metropolitani, «ci sono tante famiglie senza una casa, che vogliono bloccare colpi di mano e speculazioni». Una mezzora ed ecco i militari, polizia, carabinieri, guardia di finanza, caschi in testa e manganelli in pugno. È il panico. Molti scappano, altri urlano disperati, altri ancora inveiscono contro le forze dell´ordine. Partono i primi spintoni. Poi le manganellate. Un uomo in fuga, attraversa via Ripetta e viene investito da un motorino. Un anziano cade. Come un bimbo in carrozzina, mentre la madre viene spinta dalla calca che ribolle come mare in risacca. Una giovane del centro sociale Horus è colpita alla gamba con due manganellate. La soccorre con ghiaccio e bende un´infermiera. Una paziente, Giuliana Fioretti, 68 anni, capita nel bel mezzo della carica: «Ho visto i manganelli, mi sono spaventata, ho messo male un piede e sono caduta a peso morto sul ginocchio», racconta mentre la caricano sulla barella alla volta del Pronto soccorso del Santo Spirito. Dove finiscono altri due pazienti anziani uno con sospetta frattura al femore, l´altro all´omero. «Eravamo qui per un´informazione, ce ne andiamo in ambulanza». La tensione sale. Rischia di precipitare. Slogan, urla e invettive. Poi arriva l´assessore regionale al Bilancio, Luigi Nieri, con una delibera proposta dal governatore Piero Marrazzo e dal suo vice, Esterino Montino, approvata dalla giunta: «Il presidio ospedaliero San Giacomo è permanentemente destinato a uso pubblico». E la via d´uscita per tutti, polizia e occupanti, da un altro scontro.
Il Riformista
È saltato il tappo alla piazza. Botte pure al San Giacomo
Disordini. Sull'onda del movimento per la scuola "squat" e centri sociali occupano il nosocomio romano in via di chiusura. La polizia interviene con durezza e sgombera tutti, anche qualche malato. Cronaca di una nuova giornata di tensione nella Capitale.
di Sonia Oranges
Roma - Tra un corteo di studenti e una lezione in piazza, ieri nessuno faceva caso ai blindati della Guardia di Finanza in via del Corso, altezza Ospedale San Giacomo, l'ospedale della capitale da ieri sera ufficialmente chiuso per volontà di un contestatissimo piano regionale. Eppure le fiamme gialle, insieme con carabinieri e agenti di polizia, ieri non erano in strada per incanalare i manifestanti, bensì per sgomberare, con tanto di carica e contusioni, il nosocomio agli sgoccioli. Occupato in mattinata dai militanti di Action e dagli squat del movimento per il diritto alla casa, capeggiati da Andrea Alzetta, in arte Tarzan, unico eletto al comune di Roma della sinistra oramai extraparlamentare. Non più di un centinaio, raccontano gli operatori ancora accampati nel presidio ospedaliero a combattere una battaglia che appare ormai persa. Tranquilli, conferma Oliva Salviati, nobildonna romana ed erede di quel cardinale Antonio Maria Salviati che alla fine del Cinquecento destinò lo storico edificio alla cura degli infermi. La signora, che da ieri si è trasferita in pianta stabile nel palazzo «per prenderne possesso» e «tutelarne la sua vocazione di bene pubblico», era sul chi vive sin dalla sera prima, quando la Regione Lazio aveva inviato alcuni operai a sprangare l'ingresso dell'edificio con assi di legno, incurante della presenza all'interno di medici e malati. Poi l'arrivo dei nuovi aspiranti inquilini. «Hanno occupato l'unico reparto che non è stato ristrutturato quest'estate, chiedevano la casa, ma non davano alcun fastidio - prosegue la Salviati - Qualcuno era in cortile, tra medici e pazienti. All'improvviso sono entrate le forze dell'ordine in tenuta antisommossa, una carica senza alcun preavviso. Una cosa terribile». I testimoni raccontano di manganellate date senza spiegazione, di un'anziana che cercava di sapere dove si era trasferita ematologia e che ora ha un ginocchio spaccato. Persino di un bambino travolto dall'irruenza. «A quel punto sono arrivati quelli del centro sociale a provocare gli agenti, proprio mentre io cercavo di spiegar loro che quelle persone non stavano facendo nulla di male. È stato orribile, una violenza da dittatura da terzo mondo», aggiunge la donna che, alla fine, si è fisicamente frapposta tra i due schieramenti finché non è tornata la calma. Si fa per dire. Quattro persone sono finite all'ospedale e gli occupanti rimandati a casa dopo essere stati identificati. Ma com'è potuto succedere che poliziotti e carabinieri siano entrati in un ospedale, seppur in chiusura, e abbiano caricato chiunque si trovasse lì in quel momento? Testimoni spiegano che, una volta resisi conto che dentro era tutto tranquillo, siano stati i primi ad arrabbiarsi. Pare che avessero avuto informazioni diverse, secondo cui gli occupanti stavano mettendo a ferro e fuoco la struttura, distruggendo quanto appena ristrutturato. Perché, per assurdo che sembri, la ristrutturazione dell'ospedale chiuso tra le proteste, è terminata solamente un paio di mesi fa. Insomma, a poche ore dallo stop definitivo (o quasi, visto che da lunedì i malati di oncoematologia continueranno a fare la chemio nell'ospedale ormai fantasma, visto che non è stata trovata ancora una soluzione alternativa), c'è chi ha voluto giocare la carta dell'ordine pubblico. Non si sa se per distogliere l'attenzione da una chiusura frettolosa e dalle motivazioni poco chiare, o se semplicemente per cavalcare la protesta e conquistare ancora un briciolo di visibilità e consenso. Certo è che ieri, intorno al San Giacomo, era un turbillon di false notizie. I Cub Sanità sostenevano di aver occupato insieme con i lavoratori, ma i capofila della protesta di questi mesi non ne sapevano nulla. Felice Occhigrossi, anestesista in attesa di una nuova destinazione e anima del comitato di difesa del San Giacomo, ieri masticava amaro: «I vertici della Asl mi hanno accusato di aver orchestrato tutto questo. Ma io queste persone non le ho mai viste in vita mia. Da tempo circolava la voce che potevano venire a occupare la struttura, ma accusare me è davvero farsesco». D'altra parte la Regione (che si è affrettata a confermare che la destinazione d'uso dell'immobile resterà pubblica) era stata messa sull'avviso dalla stessa Oliva Salviati: «Gliel'ho detto in tutte le lingue. Un edificio così, una volta svuotato sarà preda di ogni tipo di occupazione. Già lo hanno depredato in ogni modo del suo patrimonio artistico. E allora io non mi muovo di qui. Se non rispettano il vincolo di destinazione scritto chiaro nel testamento del mio antenato, dovranno rispettare l'asse ereditario. E sia ben chiaro, questi 35mila metri quadrati, nel cuore di Roma, fanno gola a loro, non a me. Per me un ospedale non è un supermercato».
Roma. Al posto del San Giacomo nascerà...
di ALESSIA MARANI
Roma - Al posto del San Giacomo nascerà la prima Casa dei servizi socio-sanitari integrati d’Italia, sul modello di quelle già esistenti a Parigi, Londra e Madrid. Con spazi dedicati oltre che all’assistenza territoriale anche alla cultura, all’arte e all’attività museale. Il progetto è già partito e ci stanno lavorando il vicepresidente della Regione Lazio, Esterino Montino, su mandato del presidente della Regione, Piero Marrazzo, in accordo con il sub-commissario del Governo alla Sanità, Mario Morlacco.
Ieri è stato l’ultimo giorno d’attività per il San Giacomo: gli ultimi malati ricoverati sono stati trasferiti, porte e finestre sono state sbarrate. E mentre nella mattinata il Blocco precario metropolitano legato alle sigle di Rdb e Action occupava l’ospedale e la polizia interveniva per sgomberarlo, la Giunta regionale approvava un testo di legge (adesso al vaglio del Consiglio della Pisana) che stabilisce definitivamente la «destinazione ad uso pubblico del complesso ospedaliero». Il 15 novembre, intanto, aprirà l’ambulatorio di via Canova.
«Chi pensava che la Regione intendesse chiudere un ospedale per pazienti acuti per fare una sorta di speculazione - afferma Montino - si è sbagliato di grande. Nell’ottica della riforma e ristrutturazione della sanità laziale che è in atto, infatti, negli oltre ventimila metri quadrati di spazi in cui era ospitato il vecchio ospedale, offriremo il massimo della sanità, ma di tipo socio-assistenziale e più rispondente ai bisogni del territorio».
Eccolo il destino del San Giacomo: una Rsa per anziani, un centro per l’Alzheimer, un medical corner per i pazienti acuti appena dimessi dai ricoveri, oltre a un’area a uso strettamente culturale. Non mancheranno spazi che potranno essere gestiti direttamente dai servizi sociali. E per questo potrà entrare in gioco anche il Comune.
«Il centro storico non ha bisogno di ospedali per acuti, ce ne sono già quattro e tutti efficienti - sostiene Montino - mentre ci continuano arrivare richieste di assistenza di tipo diverso: continuativa, territoriale. Ecco perchè valuteremo se ci sono tutti i crismi per aprire una residenza sanitaria assistenziale per anziani, un centro per i malati di Alzheimer per cui mancano spazi dedicati, una struttura dove i medici di medicina generale potranno continuare a seguire quei pazienti appena dimessi che hanno ancora bisogno di cure. Abbattendo così anche i tempi dei ricoveri in ospedale. Sarà un presidio che non servirà solamente i residenti del Tridente, ma almeno quelli di due Asl».
La bozza di progetto definitivo sarà pronta entro la fine del mese. Appena passata la scadenza del 14 novembre, quando sarà all’esame il nuovo piano sanitario con la riorganizzazione della rete ospedaliera, il futuro del San Giacomo sarà messo nero su bianco, punto su punto.
«Pensiamo - aggiunge il vicepresidente della giunta regionale - a tutto il patrimonio storico che questo complesso rinascimentale possiede e che potrà essere valorizzato. Non solo. Punteremo a creare spazi in cui potranno essere esposte opere inedite o comunque quelle che da anni sono chiuse, per esempio, nei magazzini della Soprintendenza ai Beni Archeologici».
A proposito di una «moderna area di integrazione socio sanitaria con attività e servizi più confacenti ai bisogni della città», si è espresso ieri in una nota anche il sindaco Gianni Alemanno. Dopo, però, avere espresso «rammarico per la chiusura della struttura ospedaliera imposta dal piano di rientro concordato dal Commissario di Governo e dal Ministero del Welfare, piano che richiede la chiusura dei posti letto per acuti per ottenere un recupero del deficit sanitario regionale». Aggiungendo la proposta di un «tavolo tra Comune, Regione e i rappresentanti dei cittadini e delle associazioni sociali, per riconvertire l’ospedale San Giacomo in attività e servizi sanitari più confacenti ai bisogni dei cittadini». Non tralasciando, però, l’obbiettivo della «creazione di un Punto di Primo Intervento PTP, una zona di emergenza-urgenza dotata di risorse umane e strutturali minime di supporto, che prevede la chiusura di tutti i posti letto non di primo soccorso, collegato in rete con gli ospedali vicini ed in sinergia con il nuovo ambulatorio di via Canova recentemente edificato».
EPolis nazionale
Il caso. Il San Giacomo, prossimo alla chiusura, invaso da duecento militanti di Action
Roma, ospedale occupato feriti durante lo sgombero
Cariche degli agenti. Tre manifestanti e uno dei degenti sono stati portati al SantoSpirito
di Paolo Anastasio
Roma - È finito nel peggiore dei modi l'ultimo giorno di vita del San Giacomo, l'antico ospedale del centro storico di Roma, chiuso definitivamente a suon di occupazioni e manganellate. Ieri mattina, verso le 11.30, circa duecento persone dei movimenti per l'emergenza abitativa - fra cui Action, Asia Rdb e Blocco precario metropolitano - hanno occupato l'ospedale contro la chiusura. Poco dopo l'occupazione, l'intervento di polizia e carabinieri in assetto antisommossa, che hanno fatto irruzione da un ingresso laterale. Gli agenti hanno caricato la folla riunita nel cortile, provocando un fuggi fuggi generale di occupanti, personale medico e pazienti. Tre i feriti, trasportati in ambulanza al Santo Spirito. Il più grave un anziano malato, al San Giacomo per una visita endoscopica, caduto dopo il blitz. Per lui un femore rotto. Una donna invece è svenuta per lo spavento, mentre un uomo scappando è stato centrato da un motorino e si è fratturato un omero. Dopo due ore di tensioni, con gli agenti anitsommossa della Guardia di Finanza che hanno bloccato l'ingresso principale di via Canova, gli occupanti sono stati sgomberati. «Sono stato attaccato alle spalle dai celerini - dice Roberto, un ragazzo del Blocco precario metropolitano - mi hanno chiesto i documenti, li stavo prendendo dalla tasca dei pantaloni quando mi hanno attaccato al muro dicendo di fare presto. Poi, mi hanno dato un pugno in faccia». Il ragazzo aggiunge di aver visto cadere una scala addosso ad una carrozzina con un neonato dentro. «Siamo venuti qui come garanti dell'uso pubblico di questo ospedale - ha detto Andrea Alzetta, conosciuto come "Tarzan", consigliere comunale della Sinistra Arcobaleno e militante di Action - siamo contro la chiusura di un ospedale dove la Regione negli ultimi mesi ha speso 14 milioni di euro per nuove attrezzature mediche». «C'è puzza di speculazione immobiliare qui - ha detto Paolo Di Vetta dell'Asia Rdb - per questo ci sgomberano». A mediare con le forze dell'ordine anche l'assessore al Bilancio della Regione Lazio, Luigi Nieri: «La giunta regionale ha approvato una delibera che garantisce l'uso pubblico dell'ospedale dopo la chiusura - ha detto Nieri - Ogni speculazione immobiliare sull'edificio di via Canova è quindi esclusa a priori».
EPolis Roma
San Giacomo.
Gli infermieri: «Costretti a scappare via dopo il blitz dei celerini, in fuga dal nostro ospedale»
Fra le botte e le cariche di polizia "Ci hanno cacciato come ladri"
L'assessore Nieri: «L'emergenza abitativa non diventi questione di ordine pubblico»
di Paolo Anastasio
Roma - Tre anziani pazienti ricoverati al Santo Spirito con le gambe fratturate. Questa l'immagine eloquente del disastro San Giacomo, l'ospedale di via Canova chiuso ieri con la forza dagli agenti antisommossa, intervenuti dopo l'occupazione dell'ospedale da parte di circa 200 militanti dei movimenti per la casa (Action, Asia Rdb e Blocco precario metropolitano). Ed è proprio l'antico ospedale, dopo 70 giorni di proteste ininterrotte contro la chiusura, ad uscirne con le ossa rotte: «Lavoro qui da vent'anni - dice un'infermiera del reparto endoscopia, accartocciata in terra fuori dall'ospedale - questo era l'ultimo giorno, lo sapevamo tutti. E siamo stati cacciati via come ladri, dopo il blitz dei celerini». Un'altra infermiera, da qualche mese al San Giacomo e ricollocata al Grassi di Ostia, aggiunge: «Gli agenti sono entrati nel cortile da via di Ripetta - dice la donna - e hanno cominciato a spintonare la folla di gente che si trovava lì, dopo l'irruzione degli occupanti. Manganellavano un po' alla rinfusa. Hanno colpito anche dei colleghi in servizio. La folla era mista, formata da pazienti, medici, infermieri e in mezzo gli occupanti. Una vergogna, ma la colpa non è dei celerini, che ne sanno loro, ma di chi li manda». Scene surreali anche all'ingresso di via Canova, dove un'anziana paziente è arrivata all'ospedale, che ieri era ancora operativo, passando attraverso il cordone degli agenti antisommossa della Guardia di Finanza, in mezzo alla calca urlante: «Ho una visita - ha detto la signora - fatemi passare». Idem per un'anziana signora, portata dentro dalla figlia perchè colta da un malore in via del Corso. Intanto, diversi infermieri e pazienti uscivano, trolley alla mano, portando via effetti personali e vestiti di una vita di lavoro. «Siamo contrari all'uso pubblico dell'immobile, come stabilito dalla delibera di giunta regionale - ha detto al megafono Gianfranco Calligaris del comitato Salviamo il San Giacomo - non si capisce perchè un ospedale debba essere riconvertito in struttura pubblica, quando è già pubblico e ben funzionante». Insomma, amaro in bocca da parte di medici, infermieri e pazienti. Ma anche da parte degli occupanti: «Non possiamo fare niente che subito ci menano - ha detto Nunzio D'Erme leader di Action - oggi (ieri ndr) hanno fermato due ragazzi, uno dell'Horus e un altro pischello. Hanno fatto sdraiare gli occupanti e hanno chiesto a tutti i documenti». «Ma l'emergenza abitativa non è una questione di ordine pubblico», hanno detto a due vociLuigi Nieri, assessore regionale al Bilancio, e Andrea Alzetta "Tarzan", consigliere comunale della Sinistra Arcobaleno e militante di Action, che ha lanciato un'ultima stoccata: «L'intervento degli agenti antisommossa è arrivato per ordine del consiglio dei ministri - ha detto Tarzan - e il risultato sono le quattro ambulanze arrivate qui oggi (ieri ndr)». Dopo la mediazione di Nieri, il corteo si è allontanato: «Noi la crisi non la paghiamo». Lo stesso slogan degli studenti anti-Gelmini.